La furia analogica di Dylan Thomas

Dylan Thomas

DYLAN THOMAS LO SCIAMANO

Commento e traduzione di Alessandro Bellasio

Poeta degli elementi e delle linfe segrete della natura, voce accorata del contatto magico e primordiale con il mondo, Dylan Thomas (Swansea, 1914 – New York, 1953) è autore di un corpus poetico in cui la dirompente furia analogica è disciplinata da un bagaglio retorico accuratamente scelto e limitato, fedele alle figure amate (antitesi semantiche, sinestesie, assonanze, allitterazioni), e capace di dare vita a potenti architetture visive, culminanti in improvvise accensioni visionarie.

Vere avventure percettive, le liriche di Thomas si condensano preferibilmente intorno a pochi nuclei psichici ricorrenti, descrivendo un moto centrifugo, rotatorio, privo di sviluppo e, piuttosto, immortalato nell’attimo estatico di contemplazione della propria sorgente interiore.

Con il suo ritmo ipnotico, con la sua voce antica e sciamanica, il grande poeta gallese, prima di affondare per sempre negli abissi dell’alcol, ci ha consegnato una folgorante testimonianza di cosa sia la poesia ispirata, e di quale forza arcaica e rovinosa sia portavoce il poeta “entheos”, il poeta “posseduto dal dio”, per cui tramite ci giunge la voce perduta e panica di un’inattingibile origine.

LIGHT BREAKS WHERE NO SUN SHINES

Light breaks where no sun shines;
where no sea runs, the waters of the heart
push in their tides;
and, broken ghosts with glow-worms in their heads,
the things of light
file through the flesh where no flesh decks the bones.

A candle in the thighs
warms youth and seed and burns the seeds of age;
where no seed stirs,
the fruit of man unwrinkles in the stars,
bright as a fig;
where no wax is, the candele shows its hairs.

Dawn breaks behind the eyes;
from poles of skull and toe the windy blood
slides like a sea;
nor fenced, nor staked, the gushers of the sky Bella
spout to the road
divining in a smile the oil of tears.

Night in the sockets rounds,
like some pitch moon, the limit of the globes;
day lights the bone;
where no cold is, the skinning gales unpin
the winter’s robes;
the film of spring is hanging from the lids.

Light breaks on secret lots,
on tips of thoughts where thoughts smell in the rain;
when logics die,
the secret of the soil grows through the eye,
and blood jumps in the sun;
above the waste allotments the dawn halts.

LA LUCE IRROMPE DOVE NESSUN SOLE BRILLA

La luce irrompe dove nessun sole brilla;
dove nessun mare oscilla, le acque del cuore
sospingono maree;
e, fantasmi in frantumi con lucciole nel capo,
le creature della luce
filtrano nella carne dove nessuna carne riveste le ossa.

Una candela fra le cosce
riscalda giovinezza e seme e brucia i semi dell’età;
dove nessun seme germoglia
il frutto dell’uomo si leviga sotto le stelle,
luminoso come un fico;
dove non v’è cera, la candela sfoggia i suoi capelli.

L’alba irrompe dietro agli occhi;
dai poli del cranio e dell’alluce il sangue ventoso
scivola come un mare;
non protetti, né cintati, i pozzi del cielo
zampillano dall’asta
presagendo in un sorriso il petrolio del pianto.

Nelle orbite la notte circonda,
come luna di pece, il limite dei globi;
il giorno illumina l’osso;
dove nessun freddo morde, la raffica che spella
lacera le vesti dell’inverno;
il velo primaverile pende dalle palpebre.

La luce irrompe su terre segrete,
sulle punte del pensiero dove i pensieri odorano nella pioggia;
quando le logiche soccombono,
il segreto del suolo cresce nell’occhio
e il sangue si lancia nel sole;
sopra i campi devastati si arresta l’alba.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *