Al Madre una conversazione itinerante con Mario Martone

MARIO MARTONE AL MUSEO MADRE

Dal 6 all’8 ottobre visite guidate e una conversazione itinerante con Martone 

Domenica alle ore 17.00 1977 2018. Mario Martone Museo Madre Curator’s Tour. Un appuntamento con il curatore della mostra Gianluca Riccio, che introdurrà il pubblico al progetto e all’opera centrale del percorso espositivo, il film – flusso di circa 9 ore realizzato dal regista basandosi sullo studio dei materiali conservati nell’Archivio Mario Martone, prodotto dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporaneee realizzato con la produzione esecutiva di PAV e con il supporto della Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival.

Visita gratuita; prenotazione obbligatoria.

Lunedì 8 ottobre, alle ore 15.30Walkabout con Mario Martone, condotto da Carlo Infante di Urban Experience: una conversazione itinerante strutturata come trasmissione radiofonica, in cui il regista si racconterà e interagirà con i partecipanti attraverso delle radio – cuffie che verranno loro distribuite. Un’esplorazione partecipata per condividere le suggestioni sia della mostra sia della città con una guida d’eccezione, partendo dal Madre per arrivare al Nest, Napoli Est Teatro (San Giovanni a Teduccio), per seguire le prove di Tango Glaciale Reloaded, che tornerà in scena il 9 e il 10 ottobre con un riallestimento a cura di Raffaele di Florio e Anna Redi. Connettendo la mostra allo spettacolo sarà sviluppato un ideale percorso in cui la carriera di Martone verrà esplorata a partire dai suoi primi lavori e dal legame con l’arte contemporanea, con uno sguardo al futuro attraverso Tango Glaciale ReloadedCapri-Revolution, il suo ultimo film, in concorso alla 75 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, di cui la prima immagine è stata esposta in anteprima proprio al Madre.

Il walkabout di Urban Experience è un format che sollecita il dialogo sincopato con i partecipanti, fornendo suggestioni psicogeografiche e narrazioni originali che arricchiscono l’esperienza della visita museale e urbana.
Visita gratuita (escluso il biglietto per il trasporto in metropolitana); prenotazione obbligatoria.

di Gianluca Riccio

Nel corso del tempo, il percorso di Mario Martone (Napoli, 1959) – articolato tra performance, teatro, cinema, opera lirica, creazione di gruppi e spazi teatrali – è andato formandosi come un arcipelago in cui opere distanti nel tempo, nello spazio e nella forma si trovano a dialogare tra di loro.

La prima performance del gruppo Falso Movimento, fondato da Martone a Napoli nel 1979, si svolgeva nella galleria napoletana di Lucio Amelio. Il film che Martone sta ultimando, e che sarà presentato nell’autunno del 2018, avrà lo stesso titolo di un’opera (Capri-Batterie, una lampadina gialla che idealmente prende energia da un limone), che l’artista tedesco Joseph Beuys realizza con Amelio nel 1985, scenario evocato all’ingresso della mostra con l’immagine di un bosco tratta da una sequenza del film (fotografia di Mario Spada) e alcuni materiali di scena.
Non è un caso quindi che sia il Madre a presentare la prima mostra retrospettiva dedicata a Mario Martone.

Accogliendo la tensione Fluxus che anima la sua ricerca, la mostra è presentata sotto forma di un film-flusso, basato sullo studio dei materiali conservati nell’Archivio Mario Martone e realizzato con la produzione esecutiva di PAV, Roma, e con il supporto di Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia.

Attraverso il montaggio di documenti e filmati inediti, immagini di repertorio, brani di film e riprese di spettacoli teatrali che ne documentano la poliforme attività creativa in un arco storico di quarant’anni, l’esperienza artistica di Martone viene presentata secondo un ordine non cronologico ma evocativo, in cui tutti i segni che raccontano la storia del regista convivono in un rapporto orizzontale di per sé contemporaneo. Proiettato simultaneamente su quattro schermi nella Sala Re_PUBBLICA MADRE, il film-flusso rielabora musealmente la messa in scena di uno spettacolo teatrale di Martone del 1986, Ritorno ad Alphaville, ispirato all’omonimo film di Jean-Luc Godard, e di cui è riproposto l’andamento circolare e la visione simultanea da parte del pubblico.

Martone inizia la sua attività a Napoli nel 1977, nel clima delle avanguardie di quel periodo. Qui nel 1979 fonda il gruppo Falso Movimento e realizza spettacoli che fondono gli elementi del teatro, del cinema, della musica e delle arti visive, quali Segni di vita (1979), Tango Glaciale(1982), Il desiderio preso per la coda (da Picasso, 1985), Ritorno ad Alphaville (1986), tutti destinati a essere riproposti in estese tournée internazionali. Nel 1987 Martone propone a Toni Servillo (Teatro Studio di Caserta) e Antonio Neiwiller (Teatro dei Mutamenti) di sciogliere i rispettivi gruppi e di formare un nuovo collettivo, che prende il nome di Teatri Uniti. Anche in questo caso lo spirito, condiviso dai vecchi e dai nuovi compagni, è quello volto all’apertura e alla condivisione: nel giro di pochi anni le produzioni di Teatri Uniti coinvolgono numerosi altri artisti, tra i quali Fabrizia Ramondino, Leo De Berardinis, Enzo Moscato, Carlo Cecchi e Steve Lacy. Martone immagina che le ricerche del gruppo possano ampliarsi e includere anche il cinema, e realizza i suoi primi film, Morte di un matematico napoletano, vincitore del Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1992, L’amore molesto (1995, la cui sceneggiatura è tratta dal romanzo di esordio di Elena Ferrante) e Teatro di guerra (1998). Lo stesso spirito anima la direzione del Teatro di Roma, affidata dal 1998 al 2000 a Martone che imprime una svolta di radicale rinnovamento della programmazione, coinvolgendo anche altre arti e nuove espressioni sceniche e fondando un teatro, il Teatro India, ricavato da una fabbrica in disuso sul Lungotevere.
Martone sperimenta anche altri formati oltre a quello del film di finzione, realizzando il documentario dedicato nel 1993 al gallerista napoletano Lucio Amelio e al suo progetto di collezione Terrae Motus e il mediometraggio Una storia Saharawi, realizzato nei campi profughi Saharawi nel 1996, e filmando alcune opere teatrali, tra cui lo spettacolo-manifesto di Teatri Uniti intitolato Rasoi (messo in scena con Toni Servillo nel 1991 e poi divenuto film nel 1993). Quale regista teatrale mette in scena più volte alcune tragedie greche (tra cui Edipo re ed Edipo a Colono, con un coro di immigrati e le scenografie di Mimmo Paladino) e diversi testi di autori contemporanei.
Dal 2000 inizia a curare la regia di opere liriche nei maggiori teatri del mondo: fra le più recenti Andrea Chénier di Umberto Giordano, con cui il 7 dicembre 2017 inaugura la stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano e, pochi mesi dopo, il Falstaff di Giuseppe Verdi alla Staatsoper di Berlino con la direzione d’orchestra di Daniel Barenboim.
Negli ultimi anni lavora a due film che affrontano l’Italia dell’Ottocento con uno sguardo contemporaneo, Noi credevamo (2010) e Il giovane favoloso (2014), premiati complessivamente con dodici David di Donatello. Nell’ambito della sua direzione del Teatro Stabile di Torino (2007-2017), Martone realizza gli spettacoli Operette morali da Giacomo Leopardi, La serata a Colonodi Elsa Morante, Carmen di Enzo Moscato con l’Orchestra di Piazza Vittorio, Morte di Danton di Georg Büchner, Il sindaco del rione Sanità di Eduardo De Filippo, creato nella periferia di Napoli con gli attori del Nest di San Giovanni a Teduccio.
Come in tutta la ricerca artistica di Martone, anche in questa mostra retrospettiva al Madre il ruolo attivo dello spettatore risulta determinante: al centro della sala Re_PUBBLICA MADRE sono posizionate, su una pedana, trentasei sedie girevoli, ciascuna collegata ad una cuffia con accesso diretto ai quattro canali audio corrispondenti al timing dei quattro schermi sui quali il film-flusso è proiettato. Lo spettatore, girando la propria seduta, potrà seguire alternativamente l’andamento delle quattro proiezioni e cogliere, oltre alle singole immagini su ognuno degli schermi, anche le possibili connessioni visive o tematiche fra di esse. Il film stesso è infatti editato secondo un flusso lineare che accoglie in sé sia la superficie bidimensionale dello schermo che la spazialità tridimensionale dell’ambiente di proiezione, restituendo visivamente e sensorialmente le connessioni interne e quindi la circolarità propria dell’opera e del percorso di ricerca del regista napoletano.

 

 

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