Vincenzo Mascolo “Q. e l’allodola”

ESTRATTI

Oh, Queneau
non basta più esercitarsi nello stile
come tu sapevi fare inanellando
notations, hellenismes, le contre-pettéries
e tutte le altre tue diavolerie
che aprivi come nuove fioriture
nelle terre inaridite che solcavo
con strumenti quasi umani zolla a zolla
per offrire a Cerere il raccolto
generato in primavera dai miei semi.

*

Oh Queneau
Queneau
ma dimmi, a cosa servono i poeti
e tutta la fatica quotidiana
per svellere dall’ombra le parole
Queneau, sai dirmi a cosa può servire
se i loro corpi vedo evaporare
come la rugiada del mattino
se i poeti attraversano invisibili
la linea luminosa del mattino.

 

Vincenzo Mascolo si interroga sulle modalità del fare poesia oggi e sul senso della scrittura poetica nella contemporaneità. In un dialogo immaginario con Raymond Queneau, ispirandosi ai suoi “esercizi di stile”, l’autore muta continuamente stile e linguaggio per sottolineare le innumerevoli potenzialità della parola poetica e la sua capacità trasformativa. Gradualmente, però, il libro abbandona le riflessioni sulla poesia e la scrittura inizia a rarefarsi, fino a distaccarsi dal suolo come l’allodola, che con il suo canto annuncia la luce del mattino.

Scrive Guido Oldani a proposito di “Q. e l’allodola” « Vi è in questi versi un’allusione acuta a una delle due salite, a scelta, della Divina Commedia. Qui, l’autore traversa una foresta oscura o un limbo, che sono costituiti dalle congetture della metrica, delle strofe, dell’avvalersi di terzine e nominando persino i versi alessandrini. Lo scorrimento del percorso avanza lucidissimo, invocando anche la sapienza prossima alle intelligenze di Wittgenstein. Dietro ogni tornante dell’avanzamento, pur impreziosito dalla quota e dalla levità dell’ossigeno, compare implacabilmente lo stesso paesaggio. La totalità delle sperimentazioni è lì presente e non sembra muovere passi avanti. Ecco perché la bile pare essere l’unica possibilità del poeta, uno sgradevole quanto generoso filo verdastro, che non consente, se non per isolati respiri, l’uscita dal labirinto. Mascolo, che sa della stagnazione tremenda della poesia italiana, e forse occidentale, attuale, non a caso si aggrappa ai corrimano dei giovani compositori musicali, per ossigenarsi di più. Sembra incredibile, ma è chiarissimo, che persino Queneau, maestro e giocoliere degli stili, diventi per Vincenzo Mascolo un Virgilio asciutto di risorse, come il deserto lo è dell’acqua. Sono questi i versi della consapevolezza di un tempo poeticamente frenato, che intorno al freno cerca l’unica apertura verso una letteraria possibilità. Ecco l’omega. L’amor che move il sole e l’altre stelle è la siderale e terragna allodola canterina dell’infanzia, ma il suo eventuale canto è più quello elegante delle sirene che non l’altro, coatto, del millennio terzo, nostra meraviglia».

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Vincenzo Mascolo, nato a Salerno, vive a Roma. Ha pubblicato Il pensiero originale che ho commesso (Edizioni Angolo Manzoni, 2004), Scovando l’uovo (appunti di bioetica) (LietoColle, 2009), Q. e l’allodola (Mursia, 2018). Per la casa editrice LietoColle ha curato le antologie Stagioni (con Stefania Crema e Anna Toscano), La poesia è un bambino e Quadernario – Venticinque poeti d’oggi (con Giampiero Neri). Dal 2006 è il direttore artistico di Ritratti di poesia, manifestazione promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro.

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