L’amore domestico

Gaia Danese

Gaia Danese (Roma, 1971) ha pubblicato la raccolta di poesie Le estremità fragili / Las extremidades frágiles (Cordova, Ed. Cosmopoética, 2007, traduzione di Juan Carlos Reche, prefazione di Maurizio Cucchi). Ha pubblicato poesie nelle riviste Espacio/Espaço Escrito e Lo Specchio. Nel 2003 ha messo in scena l’opera di teatro-danza Tanghedia d’Amore. Laureata in Scienze Politiche presso l’Università “La Sapienza” di Roma e Phd in Relazioni Internazionali dell’ Institut d’Études Politiques di Parigi (Science Po), dal 2000 è diplomatica di carriera. Ha lavorato presso l’Ambasciata d’Italia a Lisbona e, come Console, in Uruguay. Attualmente è Consigliere per la stampa e la cultura presso l’Ambasciata d’Italia a Madrid. L’amore domestico / El amor doméstico è la sua ultima raccolta, pubblicata da LietoColle & Pordenonelegge nel 2016.

 

De El amor doméstico (LietoColle & Pordenonelegge, 2016)

Anaïs Lucrezia

 

La vida era tu hermana de leche. Le tomabas prestados los

vestidos y te hacías como ella imprevisible.

CBobin

 

Un avenate frenético te hace girar sobre ti misma hasta quedar sin aliento,

te deslizas y saltas, levantas el vuelo.

 

¿Quién te ha enseñado el arte

de abandonarse a la felicidad

dejándote caer,

aterrizando siempre

en una cama recién hecha?

 

Sabes retar moscas inoportunas, y socorrer con premura a una muñeca

insomne.

 

Construyes ágilmente altísimas torres y ordenas el mundo en perfectas

familias de madres, padres e hijas.

 

Te mueres de risa; por eso pierdes siempre al juego del silencio.

A todos los demás ganas.

 

De pura luz estás hecha, mi niña.

Líbranos tú, con tu trino, de todo dolor.

 

~

 

El tedio instalado en el cuerpo. Se inflaman las articulaciones del tiempo perdido,

de las cosas por hacer, de las palabras repetidas.

 

Si cada cual tiene un secreto, el mío es la espera. La ligera demora al reaccionar,

distraída por la vida.

 

Siento la tristeza cuando ya está en las rodillas, olvidada.

Sólo una leve molestia en los ligamentos.

 

~

 

Acaricio la espalda curva de la tarde con distraída ternura; la misma, creo, que tú tienes

por mí, y yo por cada cosa.

 

Me apoyo en los músculos, como lazos de un corsé,

para no parecerme a un montón de trapos tristes.

 

Infeliz estarás tú, yo estoy más allá. En el agua negra ligeramente encrespada,

en el algodón de pareos rosas, en el silencio perfecto de vuestro sueño.

 

Brilla el asfalto del mar. Os habéis ido a dormir, y nada me precisa.

 

Nadie me ha obligado a la esclavitud del desvelo; libre, sin embargo, os he hecho el nido.

Me la he puesto y me queda ni que pintada.

 

Y luego esta broma del destino, la armadura vacía, el corsé envolviendo la nada.

Y de mí casi nada.

 

Prudente o desganada, quedo en el borde de una carretera, el cuerpo dolorido por un

cansancio acumulado quién sabe cuándo.

 

Esférico, flotante, el corazón apretado en un nudo. Poco más grande que un pañuelo,

encerrado entre las costillas como en una caja de agua. Empuja el mar de dentro,

hacia las orillas de los oídos. Y sigo tragando en vano.

 

Me aferro al exterior: que me lleve el viento, que los ojos se me llenen de flores,

que me llame al mundo tu vocecilla (una voz de niña).

*

 

Da L’amore domestico (Lietocolle & Pordenonelegge, 2016)

Anaïs Lucrezia

 

La vita era tua sorella di latte. Ne prendevi in prestito

i vestiti e ti rendevi come lei imprevedibile.

C. Bobin

 

Uno slancio vorticoso ti fa girare su te stessa fino a restare senza fiato, scivoli e salti,

spicchi il volo.

 

Chi ti ha insegnato quell’arte

di abbandonarti alla felicità

 

lasciandoti cadere all’indietro,

atterrando sempre su un letto appena fatto?

 

Sai sfidare una malcapitata mosca e soccorrere premurosa una bambola insonne.

 

Costruisci con leggerezza altissime torri e sistemi il mondo in perfette famiglie di madri,

padri e figlie.

 

Muori dal ridere e al gioco del silenzio perdi sempre.

In tutti gli altri vinci.

 

Di pure luce sei fatta, bimba mia.

Liberaci tu cinguettando da ogni dolore.

 

~

 

È nel corpo la noia. S’infiammano le articolazioni del tempo perso,

delle cose non fatte, delle parole ripetute.

 

Se tutti hanno un segreto il mio è l’attesa. Quel leggero ritardo nel reagire,

distratta dalla vita.

 

Sento la tristezza quando è già dietro le ginocchia, dimenticata.

Soltanto un lieve fastidio nei legamenti.

 

~

 

Accarezzo la schiena curva del pomeriggio con distratta tenerezza, la stessa, credo, che tu

hai per me ed io per ogni cosa.

 

Mi appoggio sui muscoli, come i lacci di un corsetto,

per non assomigliare a un mucchio di stracci tristi.

 

Infelice sarai tu, io sono altrove. Nel leggero incresparsi dell’acqua nera, nel cotone dei teli

rosa, nel silenzio perfetto del vostro sonno.

 

Brilla l’asfalto del mare. Siete andati a dormire, e niente ha più bisogno di me.

 

Mi avessero forzata a questa schiavitù della veglia, libera invece vi ho fatto il nido. L’ho

indossata e mi calza a pennello.

 

Poi questo scherzo del destino, l’armatura che resta vuota, il corsetto attorno al nulla. E di

me quasi niente.

 

Resto prudente o svogliata sul ciglio di una strada, il corpo dolente di certa stanchezza

accumulata chissà quando.

 

Sferico, galleggiante, il cuore sta stretto in un nodo. Poco più grande di un fazzoletto, chiuso

tra le costole come in una cassa d’acqua. Spinge il mare da dentro, ai bordi delle orecchie. E

continuo a ingoiare a vuoto.

 

Mi afferro al fuori: che mi porti il vento, che gli occhi mi si riempiano di fiori, che mi chiami

al mondo la tua vocina (una voce di bambina).

 

 

 

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