Costanza Lindi, “Accordatura della stasi”

Costanza Lindi

Senza sporgenze la tavola,
seduta muta
strofino il palmo della mano
soffio tra le convessità.

Il legno freddo della matrice
composto sotto di me, appoggiata appena
sul palmo.
Ne acceco i nodi
per imporre linee incise
verso la stampa impressa e compressa,
statica.

La punta taglia il groviglio.
Qualsiasi cosa per sciogliere
e sorvolare.

L’incisore depenna il groppo
mentre soffia via le barbe
per scavalcare ed iniziare,
dunque.

*

Dalla mia bocca, ridente taglio
trasparenze variopinte.

Ombre sigillate tra i denti
nel vuoto istante in cui

dimentico

che sono trascinata
come un corpo morto.

Come sono finita qui
non riesco a crederlo.
E lo accetto
ringraziando l’onda

in una preghiera.

*

Confonde
il rumore della parola.
Nel cellophane le
parole giuste di una volta

un attimo fa,
là fuori.

Tutto fila liscio là fuori,
come la pellicola.

Qui
una casa immobile
e muta.

Coccolata dalla fiamma
che non mi avvolge
sta lì.
Respiro un focolare
che sussurra di starlo a sentire.
Armatura goffa, una coperta.
Un suono vitreo
danza
nelle mie pupille
gesticola storie.
Mi chiama
non aspetta.

*

Morfeo gioca ridendo di te.
Festeggia
per connessioni
lanciando lacrime in aria.
Vero e falso in conflitto
e il sonno è una resa.

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