Premio Mauro Maconi 2017 a Gian Mario Villalta e a Marco Corsi

Gian Mario Villalta

La giuria del premio, presieduta dal poeta e critico letterario Maurizio Cucchi e composta da Giuliana Nuvoli, Giorgio Prestinoni, Mario Santagostini, Giovanni Tesio e Valeria Poggi (segretaria con diritto di voto) ha proclamato i vincitori del Premio Maconi 2017Gian Mario Villalta, Telepatia (LietoColle/Pordenonelegge, 2016) e, nella sezione Giovani, Marco Corsi, Pronomi personali (Interlinea, 2017).

MOTIVAZIONI

Gian Mario Villalta, è uno dei nostri poeti e narratori più sicuri della generazione di mezzo. Dopo Verità della mente, edito da Mondadori, e che gli era valso il Premio Viareggio, si conferma con Telepatia, edito da LietoColle. Si tratta di un’opera d’ampio respiro, composta da diciannove poemetti. Il lettore viene subito coinvolto dalla vitalità di un forte sentimento dell’esserci, nella varietà del suo manifestarsi. Il libro è infatti molto articolato, eppure reso sottilmente unitario dalla necessità di scandaglio nelle cose del mondo e del sé dell’autore e dalla affabilità elegante del tono, pur espressa secondo registri diversi, dal colloquiale fino a una controllata verticalità lirica, dallo spunto narrativo alla meditazione lirica. Villalta, coinvolge l’esempio di grandi autori storici e di varie epoche e letterature, come Guido Cavalcanti a T.S. Eliot, fino al suo conterraneo Andrea Zanzotto, al quale è dedicato un poemetto in dialetto veneto. Ma soprattutto il poeta riesce a giostrare con uguale efficacia tra realtà degli affetti e saggezza critica di fronte al mondo d’oggi, conservando con naturalezza la capacità di un’osservazione meravigliata, o il sano conforto di un appartato boschetto veneto, e dunque della sua terra. È da condividere ciò che ha scritto un critico, molto opportunamente, all’uscita del libro, affermando che Telepatia è un’opera “da tenersi cara e che ci aiuta a riflettere sulla nostra condizione”.

Marco Corsi

La scrittura di Marco Corsi è densa, attraversata e riattraversata da rimandi interni ritmici, metrici e allitteranti. Al punto che, a volte, si ha l’impressione che proceda mossa da una sorta di misterioso meccanismo generativo interno. Che la porta, nei casi estremi, a creare situazioni altamente aberranti rispetto alla lingua standard o alla stessa lingua dei sistemi letterari. Detto altrimenti: Corsi a volte arriva a coniare termini che non fanno parte di nessun lessico. Sembra, allora, che la sua lingua si inoltri verso un terreno dove i lessemi o i costituenti girano per conto proprio, scomponendosi e ricomponendosi. Bene: è proprio in quei momenti che il lettore, invece, si rende conto della fortissima funzione di controllo che l’autore riesce a esercitare anche sui materiali più a rischio di autarchia. E come, dunque, sa raffreddare le situazioni più incandescenti. Un pedale doppio, il suo. Che torna puntualmente nel piano del senso. Perché non a caso i testi di Corsi, nati da una sorta duplice energia, mantengono una paradossale molteplicità di senso. E riescono, nei momenti migliori, a darci una poesia dove arrivano ad incrociarsi la storia individuale e i movimenti cosmici. Il microcosmo e il macrocosmo. Dove l’autore si svela per ciò che è: un giovane romantico che riesce a vivere nella postmodernità. O tenta di farlo.

La cerimonia di premiazione si è svolta a Milano al Belvedere del 39° piano di Palazzo Lombardia la cerimonia di conferimento del premio intitolato alla memoria di Mauro Maconi, poeta varesino scomparso nel 2001 a soli 43 anni.

Il premio, patrocinato da Stampa 2009, casa editrice che ha proseguito il progetto editoriale nato nel 1999 da un’idea dello stesso poeta condivisa da Maurizio Cucchi e Marco Borroni, ha cadenza annuale ed è alla settima edizione.

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