Addio a Derek Walcott

 

Derek Walcott e Luigia Sorrentino.  American Academy in Rome – 19 marzo 2011, Credits ph. Fabrizio Fantoni

di Luigia Sorrentino

«La mia razza iniziò come iniziò il mare», scrive Derek Walcott in una delle sue poesie più famose,  Nomi. «Ma qual è la razza di Derek Walcott? E come iniziò il mare?»

Questa è una delle numerose domande che posi a Derek Walcott quando lo incontrai per un’intervista nella sua residenza all’American Academy in Rome, il 19 marzo 2011. Il poeta rispose : «Quando dico la mia razza intendo la razza caraibica, una mescolanza di razze diverse. Nei Caraibi, sono rappresentati tutti i continenti del mondo: cinesi, siriani, francesi, africani. Dunque, – disse – quando è iniziato il mare, con la scoperta della vita, è iniziata anche la razza, e la mia razza è la summa di tutti gli elementi della natura che l’hanno generata, predisposta.»

La  prima formazione di Derek Walcott avviene al Saint Mary’s College di Santa Lucia, dove insegna la madre Alix, un’attrice dilettante, che per prima trasmetterà a Derek l’amore per la poesia e per il disegno. La madre sarà il motivo ispiratore di tutta l’opera poetica di Walcott. Alla scomparsa di Alix, il poeta – orfano di padre da quando aveva un anno – dedicherà proprio a lei uno dei suoi poemi più belli, Prima luce, un canto di gratitudine per avergli offerto il dono della vita: “luce silenziosa del mattino su steli d’erba lucente”, scrive in uno dei suoi versi.

Derek Walcott, si è spento a 87 anni, il 17 marzo 2017 a Cap Estate, Santa Lucia. E’ uno dei poeti più conosciuti e apprezzati nel mondo. Era nato nel 1930 a Castries, a Santa Lucia, nelle Indie Occidentali britanniche. Premio Nobel per la Letteratura nel 1992, con “Mappa del Nuovo Mondo” nella sua opera ha espresso il conflitto tra l’eredità della cultura europea e quella delle sue origini, le Indie Occidentali, in particolare Santa Lucia e i Caraibi. Un conflitto che, dopo un lungo percorso storico, ha portato la popolazione dei Carabi dalla schiavitù della dominazione europea, all’indipendenza.

Derek Walcott ha pubblicato numerose opere in versi. Tutte quelle pubblicate in Italia sono nel catalogo Adelphi di Roberto Calasso: Mappa del  Nuovo Mondo (1992), Ti-Jean e i suoi fratelli – Sogno sul Monte della Scimmia (1993), Prima luce (2001), Omeros (2003), Il levriero di Tiepolo (2005), Isole. Poesie scelte (1948-2004) (2009), La voce del crepuscolo (2013), Egrette bianche (2015).

 

ESTRATTO

Nomi

per Edward Brathwaite

La mia razza iniziò come iniziò il mare,
senza nomi e senza orizzonte,
con ciottoli sotto la mia lingua,
con un diverso sguardo alle stelle.

Ma ora la mia razza è qui,
nell’olio triste di occhi levantini,
nelle bandiere di campi indiani.

Iniziai senza memoria,
iniziai senza futuro,
ma cercai l’istante in cui la mente
fu tagliata in due da un orizzonte.

Non trovai mai l’istante in cui la mente
fu tagliata in due da un orizzonte –
per l’orafo di Benares,
per il tagliapietre di Canton,
quando una lenza affonda, l’orizzonte
affonda nelle memoria.

**

Names

for Edward Brathwaite

My race began as the sea began,
with no nouns, and with no horizon,
with pebbles under my tongue,
with a different fix on the stars.

But now my race is here,
in the sad oil of Levantine eyes,
in the flags of Indian fields.

I began with no memory,
I began with no future,
but I looked for that moment
when the mind was halved by a horizon.

I have never found that moment
when the mind was halved by a horizon–
for the goldsmith from Bentares,
the stone-cutter from Canton,
as a fishline sinks, the horizon
sinks in the memory.

da “Isole – Poesie scelte (1948-2004)” di Derek Walcott, Adelphi Edizioni, 2009, trad. Matteo Campagnoli

La motivazione con la quale l’Accademia di Svezia conferì il Premio Nobel nel 1992 a Derek Walcott:  «Per un’opera poetica di grande luminosità, sostenuto da una visione storica, il risultato di un impegno multiculturale».

Dean Atta, Derek Walcott, Matteo Campagnoli, Giovanna Bozzolo, Wendell Manwarren – Credits ph. by Luigia Sorrentino – American Academy in Rome, 4 aprile 2011

Derek Walcott si è distinto anche nel mondo del teatro: nei suoi lavori ha espresso il suo pensiero con singolare vigore, attingendo alla tradizione letteraria inglese, ma con apporti indigeni e spagnoli, il senso di privazione di una propria storia, peculiare della popolazione caraibica di ascendenza africana.

Nella foto sopra lo vediamo al termine dello spettacolo teatrale “Mon-child(Ti Jean in Concert), rappresentato a Roma all’American Academy  il 4 aprile 2011,  la cui sinossi fu scritta da Karl Kirchwey, (FAAR ’95), Andrew Heiskell Arts Director, con disegni originali di Derek Walcott proiettati sullo sfondo.

di Karl Kirchewey
4 aprile 2011

Quello noto come dramma in versi – un testo teatrale in forma poetica – era stato giudicato dai critici letterari, con una sentenza priva di dubbi, un genere senza sbocchi, si dalla morte di Shakespeare (1616), o dalla pubblicazione di Samson Agonistes (1671), tragedia di Milton destinata essenzialmente alla lettura: in altre parole, il giudizio va avanti da circa trecentocinquanta anni. E tuttavia il dramma in versi si rifiuta di morire. Tra gli scrittori che nel XX secolo ne hanno esplorato le potenzialità ci sono W. H. Auden, T. S. Eliot, Christopher Fry, Robert Lowell e Dylan Thomas.
Il fascino che il dramma in versi esercita sui poeti ha diverse ragioni. Innanzitutto, c’è la tridimensionalità dello spazio teatrale, la personificazione fisica delle parole del poeta e la proiezione vera e propria di quelle parole da parte di personaggi le cui vite sono indipendenti rispetto a quella del poeta. Quindi c’è la natura collaborativa del fare teatro – la più pubblica di tutte le arti fondate sulla scrittura, che dipende da un produttore, da un regista, da attori, da costumisti e scenografi: l’antitesi assoluta, nel suo processo, del lavorio solitario del poeta. E infine c’è, davvero, il desiderio del poeta di fuggire dalle piccole riviste e dai margini della discussione culturale per saltare sul palcoscenico principale dell’immaginario popolare. Quest’ultimo fattore, naturalmente, non si è rivelato affatto per il poeta più semplice che per qualsiasi altro genere di drammaturgo. Ma l’ambizione ricorre in ogni generazione di poeti: parlare a un pubblico più ampio e con mezzi più puramente teatrali.
La tripartizione della poesia in lirica, drammatica e  epica risale ai tempi dei Greci. Tra i poeti contemporanei, Derek Walcott si è distinto in tutti e tre i generi: in quello lirico, come dimostra il suo ultimo volume White Egrets (2010); in quello epico o narrativo, incarnato dal suo lungo poema classico Omeros (1990-traduzione italiana 2003), ma anche da altri poemi di respiro assai ampio come Tiepolo’s Hound (2000 – Traduzione italiana Il levriero di Tiepolo, 2005) e The Prodigal (2004); infine, e la cosa è più insolita, Walcott si è cimentato con successo in un corpus significativo di opere teatrali in versi e in prosa. Come drammaturgo, attore e regista, attraverso organizzazioni come il Trinidad Theatre Workshop e il Boston University Poets’ Theatre, ha lavorato instancabilmente, sia per formare poeti (il poeta inglese Glyn Maxwell, suo ex allievo, è un celebre autore di drammi in versi), sia per spingerli nuovamente al teatro, dove i loro talenti linguistici possono arricchire un’espressione talvolta debole. Ha sostenuto e difeso le prime, innovative rappresentazioni di spettacoli come The Cure at Troy di Seamus Heaney (basata sul Filottete di Sofocle), The Darker Face of the Earth di Rita Dove (basata sull’Edipo Re di Sofocle) e la sua The Odyssey: a Stage Version, ingegnoso distillato teatrale del poema omerico. In Moon- Child (Ti- Jean in Concert) Derek Walcott fa ritorno alla sua precedente opera Ti- Jean and His Brothers (1958) e al ricco materiale mitico della sua isola natale, Santa Lucia.

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