Vincenzo Mascolo

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Caro Peter,
ho deciso di inviarti questa mia
dopo avere assaporato fino all’ultima parola,
nemmeno fossi il bevitore leggendario
con il quale condivido la durezza
di non riuscire a ripagare i debiti contratti con la vita
ma di certo non la santità,
il canto che hai voluto dedicare alla durata.

E’ vero, la durata induce alla poesia,
così ho pensato di affidare ai versi,
e non a un testo estratto a caso con un argano
ad asse verticale dalla moltitudine insensata
di parole che ho ammassato nelle mie profondità,
questa riflessione provocata dal tuo canto.

E’ da tempo, del resto, che la poesia
ha rotto gli argini che avevo costruito per contenerne il flusso
– anche se, dopo tanti anni trascorsi nella gioia
della sua presenza, non ricordo più
cosa mi abbia spinto a limitarla, ma ora so che
credere di poter evitare condizionamenti è un’utopia –
e ha inondato tutte le terre emerse
mettendo a volte in pericolo persone, luoghi e cose
della mia esistenza per la dedizione assoluta
che richiede come prezzo o forse
come contrappasso.
E solo nella sua parola trovo la consistenza di me stesso,
è in quel groviglio inestricabile di essere e di dire
che la mia materia corporea si rivela, prende forma,
diventa palpitante.
Come per ogni mistero che si rispetti,
non si saprà mai se questo mio consistere
sia frutto di un’abile impostura
oppure sia dovuto alla capacità medianica
della poesia di generare realtà sensibile dall’ombra
(ancora oggi, del resto, nonostante gli sforzi

compiuti da scienziati e personalità della cultura,
non è chiaro se la medium Eusapia Palladino
fosse in possesso di facoltà paranormali
o fosse invece una volgare ciarlatana.
Sembra che Pierre Curie,
dopo avere preso parte ad alcune sue sedute spiritiche,
abbia scritto al fisico Louis Georges Gouy:
“Siamo di fronte, secondo me, a un intero campo di realtà e stati fisici completamente nuovi,
che non possiamo neanche immaginare.”).

Forse ti starai domandando cosa abbiano in comune
la durata e lo spiritismo
e per quale motivo ti stia intrattenendo
con annotazioni
che non hanno alcun collegamento col tuo “Canto”.

In verità non so dirlo nemmeno io,
ma ho deciso di adottare il flusso di coscienza
(simile, secondo me, alla scrittura automatica,
essendo entrambe tecniche che permettono
di entrare in contatto con entità sconosciute,
le anime dei trapassati in un caso,
la parte oscura di noi stessi nell’altro)
e spero che, verso dopo verso,
prima o dopo tutto si ricomporrà
e si svelerà a entrambi il senso
di questa successione di parole e di immagini.

Purché tu abbia la pazienza
di proseguire la lettura di questo dialogo
(che forse è più un monologo)
a distanza

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Postilla
Il testo inedito di Vincenzo Mascolo è l’incipit di un poema (al momento senza titolo) al quale ha iniziato a lavorare dopo aver letto il Canto alla durata di Peter Handke. Il tentativo è quello di stabilire un dialogo a distanza con Handke per parlare di “tempo” e di “durata”.

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Vincenzo Mascolo è nato a Salerno e vive a Roma. Ha pubblicato Il pensiero originale che ho commesso (Edizioni Angolo Manzoni, 2004) e Scovando l’uovo (appunti di bioetica) (LietoColle, 2009). Un estratto di un lavoro inedito, di prossima pubblicazione, è stato inserito nell’antologia Orchestra – poeti all’opera (numero tre), a cura di Guido Oldani (LietoColle, 2010). Ha curato le antologie LietoColle Stagioni (con Stefania Crema e Anna Toscano), La poesia è un bambino, Quadernario – Venticinque poeti d’oggi (con Giampiero Neri). Dal 2006 è il direttore artistico di Ritratti di poesia, manifestazione promossa dalla Fondazione Roma.

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