Francesco Iannone, “Pietra lavica”

IannoneNota di Rita Pacilio

Pietra Lavica di Francesco Iannone, opera venuta alle stampe per i tipi editoriali di Aragno, 2016 -risultato vincitore del Premio Letterario Subiaco città del libro, poesia – ha il pregio di avere uno sguardo semplice e chiaro sul mondo. Ogni poesia tende a mantenere aperta la domanda esplicita e implicita che sottende ipotesi e risposte alla presenza della Luce a priori. Luce che è fiammeggiante vitalità, creatività, sentimento, labirinto dell’intelligenza che mai si arrende alla malinconia, alla negazione e all’orrore. Anzi, l’approdo è nella direzione della circolarità pacificata in cui risplende il percorso dell’esistenza per niente sbeccato o consumato dalle brutture, ma tormentosamente misericordioso, così come nel pensiero di Piero Bigongiari. Le sezioni Da questa solitudine dei corpi, Qualcosa sorge, sono poli nevralgici che hanno la colata definitiva nella terza sezione Pietra lavica, da cui il titolo dell’intera raccolta poetica. I movimenti emozionali, a volte congegnati stilisticamente in maniera irregolare per metrica e ritmo, conservano il fremito interiore potente e ansante di una sensibilità che sfida l’attuale tortuoso, momento storico. Si tratta di poesie spinte da un animo scevro da contaminazioni compulsive e alienanti, privo di impulsi moralistici, ma ricco, invece, di tensioni verticali, in cui l’ansietà del cuore è analisi gioiosa e nutrimento per il verso e per lo stesso pensiero poetico. Il lettore percepisce la sapienza dell’uomo-natura che spinge il proprio io lirico nell’armonia e nella bellezza del mondo naturale, immergendosi nel vento, nel mare, tra i fiori, nello sguardo pieno di grazia della donna e dei bambini. Così ci si incanta di fronte al pudore delle parole che evocano lo stato dei sentimenti più puri, come forza che rappresenta il superamento della pochezza umana e della sua offesa/sofferenza, e ancora, come superamento e strumento di ricomposizione della memoria dell’essere umano e della sua felicità primigenia nel ventre di madre terra. «È bello questo stare al mondo / lieto/come il litro / d’acqua / in fondo al secchio».

ESTRATTO

Da: Da questa solitudine dei corpi

Quello che mi manca
è una larga
comprensione
quello stare
facile
nella dedica del mondo.
Tienimi nel grano
che macina gli abbracci
tienimi nel telo
di placenta delle mani.
Perché siamo nel mistero
nella sua planimetria
perfetta
tu la conosci la grafia di Dio?
È così serio quel tramonto
quando scivola
veloce
dalle braccia del cielo.
È così serio quel pianto
quando l’uomo
spezza
il pane in solitudine.
Vorrei parole
di senso
di cotone
che unisce
con un bacio
lembo con lembo.
Vorrei parole
di girotondo
di tutti giù per terra
di ave Maria
quanto è bello il mondo.
Bisogna uscire
dall’acquario
ditelo ai poeti
(i bambini già lo sanno)
è inutile che batti
e ribatti le pinne
nell’acqua per niente.
Conosci la legge?
Se non canti
non avanzi non vai
da nessuna parte
se non stai
nel rigo accanto
al segno nel gesto
primario di un rapporto.

**
Questo stare
nel gesto paziente
della maturazione
ci riguarda.
Aspetteremo
come dentro
una silenziosa conversazione.
Aspetteremo
come il fiore nel campo
la mano desiderata
del bambino.
Non puoi dire
che la goccia che squilla
sulla padella di rame
non è un suono
un timido modo
del cantare.
Devi fare
come l’aquila
che sconfigge gli sciami
col suo colpo d’ala.
Devi fare
come il ciliegio
che si compiace
della sua chioma
rossa
devi
devi
devi
ti avevo chiesto un bacio, un qualsiasi
avvertimento
dell’amore
invece mi lasci
come il figlio fermo
col secchiello sul molo e un mare
immenso davanti.

**
da Qualcosa sorge

Qual è il nome
della bestia che strappa
mio figlio
dalla mandorla
del sonno?
Prova a tenere nel raggio
della ruota del cocchio
tutta la premura dell’erba
che si inginocchia
è un lavoro inutile
non si può correggere in sottrazione
il maggio del fiorire.
Ogni fiore è nell’ora
del suo gingillo
è l’anello che brilla
sul fuso del dito
del ramo d’albicocco.
Però quando viene l’ora del tronco
avvolto nel panno
asciutto
quando la notte s’infila
la forcina nei capelli
per liberare l’ultima stella
dalla fronte
mio figlio nasconde
lo stelo sotto il cuscino
rovesciando i petali per terra.
Perché l’evento sia lucente
ogni cosa deve essere
lo stelo corrispondente
della rosa.

**
L’uomo è cieco
ma corre come un pazzo.
L’uomo è cieco
ma sente benissimo
il canto
dell’uccello sul terrazzo.
Allora cavami un occhio
allora cavami l’altro occhio
gettami nel sortilegio
della stanza
gettami nell’elogio
del vecchio albero
dall’altro lato
dell’evento.
Meglio stare
nell’incubo
delle caverne
piuttosto che un amore
che stringe il laccio
attorno al collo.
Ho tolto il braccio
dalla bocca
della tigre
per guardati solo
un’altra volta ancora
avevo gli occhi
ma non vedevo
la tela di ragno
che univa i due lati
del cuscino.

**
da Pietra lavica

Fammi bere
dammi il sorso
che mi fa stare
sincero nel verso.
Non è originale
non è strepitoso
non sono Tommaso
ma solo ti dico
ho immerso il dito
ho spostato il verme
dalla sua fame
ho esposto il male
alla prima luce
ho estratto il ferro
dalla trave
un dolore cosciente
di stare davanti
al mistero
e non ero più
il bambino con il limone
in mano
sulla soglia di casa
non ero più
quel limone appeso
al suo desiderio
elementare.

**
Ti scorporo
oro
dall’essenza ventricolare della pietra
divento la persuasione della tua offerta
misteriosa, la faccia
completamente aperta
all’aria
ti slego
dal tronco del mio fianco
ti convinco alla gioia.

Francesco Iannone è nato a Salerno nel 1985. Il suo primo libro Poesie della fame e della sete (2011) è risultato vincitore per l’opera prima dei premi “Solstizio” e “L’Aquila”, finalista dei premi “Penne” e “Beppe Manfredi”. È incluso nelle antologie La generazione entrante. Poeti nati negli anni ottanta (2011) e Post ’900 (2015). Suoi testi sono apparsi su numerose riviste, in Italia e all’estero, fra cui «Gradiva», «Italian Poetry Review», «Semicerchio», «ClanDestino» e altre. Ha pubblicato le sillogi Pietra lavica sulla rivista «Poesia» e Rasùle, in dialetto salernitano, sulla rivista «Atelier». Collabora con le riviste «Atelier» (di cui è redattore per le pagine on line), «ClanDestino» e «Levania».

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