Nota di Guido Monti
Roberto Mussapi è autore tra i più importanti degli ultimi decenni e a testimoniarlo naturalmente sono le sue opere da La gravità del cielo dell’ottantatrè, per ricordarne solo alcune, a Racconto di natale del novantacinque passando per Antartide del duemila e poi su su sino a La stoffa dell’ombra e delle cose del duemilasette e poi nel 2014 il volume del suo lavoro poetico completo per Le poesie con prefazione di Yves Bonnefoy ed ottima curatela di Francesco Napoli. Ecco nell’opera di Mussapi è sorprendente questo continuo e sempre nuovo corpo a corpo con la memoria e i suoi paradigmi, le sue figure che per nitidezza di colori e pronunciamento di dettato, sembrano affreschi giotteschi; ogni uomo o donna con le sue chiarezze le sue oscurità ha un posto preciso, un preciso taglio caratteriale, nel più ampio spazio della comunità novecentesca.
I libri di Roberto Mussapi hanno sempre rappresentato un mondo e le sue storie fatte di figure oracolari che lasciano con dei semplici gesti, tracce memoriali non solo per le persone vicine ma anche per la comunità tutta e l’autore col suo lavoro di archeologo della lingua e della psicologia del profondo, non fa che riesumare tali gesti, renderli vividi, riportarli ad uno stato nascente che non finisce mai di parlarci. Ne abbiamo di tutto questo un mirabile esempio anche nell’ultimo poemetto uscito nel 2015 in forma di plaquette per “I quaderni de la collana, Stampa 2009” dal titolo “Lezioni elementari Monologo sul maestro Gabriele Minardi”. Ecco rivivere letteralmente da una fotografia di gruppo, un mondo: la storia di una classe elementare degli anni sessanta; si srotola nelle pagine il momento dell’apprendistato iniziale che è apprendimento oltre che intellettivo anche fisico attraverso la guida di un uomo che per qualità pedagogiche lo penserei sacro, il maestro Minardi. Spirito acuto, umanità vasta, che sembra avvicinarsi a quelle figure rinascimentali che facevano dei saperi, un unico sapere, riuscendo quindi a captare la forza intellettiva degli scolari ancora non scissa, non frammentata in tanti saperi. Ed è toccante entrare nel vasto pronunciamento di questo poema, dove in fotogrammi essenziali eccoli assorti nella luce iniziale dell’ascolto, Dutto, Odasso, i gemelli Chirilli, Sigismondi, Tallone, seguire il maestro nelle letture di Hemingway, Montale, Ungaretti, Sbarbaro e poi misurarsi nella lotta libera perché occorre coltivare il corpo non solo lo spirito. Minardi sembra pensare come gli antichi che non distinguevano tra pensiero e pratica ma avverte: “Se qualcuno batte la testa e sanguina io perdo il suo posto…/”.
Nel tempo odierno, ipertecnologico, chi avrebbe mai l’idea di leggere ad un bimbo questi versi di Sbarbaro tra i più belli credo del novecento per profondità ed abissalità di sguardo come il maestro fa con questo attacco, preceduto dalle parole dell’autore: …”Su una poesia bella ma meno grande di altre,/ (se ne accorse a posteriori ma neanche troppo)/ lo aveva visto quasi piangere./ Padre se tu non fossi mio padre / per te stesso ugualmente t’amerei”/….
Roberto Mussapi deve molto a questa figura, alla sua etica comportamentale, alla sua connaturata educazione civica che entra sempre ad illuminare ogni dialogo con questi bambini, gioielli di ascolto che danno autorevolezza al maestro proprio per questa loro capacità di comprendere. Ecco la plaquette ha sempre dentro un elastico che si tende dal particolare all’universale. L’autore parte sempre della microstoria e da quella risale agli eventi che ci comprendono tutti. Questo sforzo intellettivo di ricerca degli accadimenti, così come si verificarono, questa visione del passato che diviene visionarietà futura, dove tutto è legato con tutto e ciò che è stato contiene quel che sarà e quel che sarà parla del già stato, si invera definitivamente forse in chiusura di plaquette, dove termina anche il rapporto tra l’alunno e il maestro ma questa fine della relazione educativa descritta con toni fermi ma anche così profondamente struggenti, ci ricorda forse l’arco di ogni ciclo umano ed universale, il suo inizio, la sua fine ma e Roberto Mussapi è qui tenacemente a scriverlo, il cuore del suo accadere, il suo essere stato, lavorerà sempre in noi rinascendo ogni giorno: “… E che lo vede, uscire dalla scuola,/ parlare con le mamme, spezzare i grissini/ con la sua sciarpa bordeaux arrotolata/ e poi salire sulla sua Karman Ghia, / ma è qui, il Maestro,/ non andrà mai via.”.
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Roberto Mussapi, nato a Cuneo nel 1952, vive a Milano. Poeta e drammaturgo, è anche autore di saggi, di traduzioni da autori classici e contemporanei e di opere narrative.
Tra i più recenti volumi ricordiamo Il testimone (teatro, Jaca Book, 2007), La stoffa dell’ombra e delle cose (poesia, Mondadori, 2007), Volare (Feltrinelli, 2008), l’audiolibro La grande poesia del mondo (Salani, 2010) dove sceglie, traduce e legge poeti da Omero a Yeats.
Sempre per Salani il poemetto illustrato Il capitano del mio mare (2012) e Le metamorfosi (2012), racconto del capolavoro di Ovidio. La sua opera poetica è raccolta nel volume Le poesie (Ponte alle Grazie, 2014, Presentazione Wole Soyinka, Saggio introduttivo Yves Bonnefoy, a cura di Francesco Napoli).