Anna Maria Curci, “Nuove nomenclature e altre poesie”

 

curciRecensione di Nadia Agustoni

L’ultima raccolta poetica di Anna Maria CurciNuove nomenclature e altre poesie” L’Arcolaio, 2015, ci pone già dal titolo in una posizione non facile; ci chiede di essere attenti lettori e di scrutare nel linguaggio dell’autrice per capire come non ci viene dato un ordine in stile soviet su cui riflettere, ma vi è un più vivo richiamo al significato latino di nome nomen e chiamare calare. In primo piano abbiamo così la voce che nomina e sa affrontare la storia, la politica e la città, la letteratura e un ordine mondiale assurdo, tanto da richiedere certo una buona dose di ironia per poter dire le secche a cui ci trascina. L’ironia non è qui un gioco tra giochi verbali, il libro è ben lontano dal divertimento, ma ci dà una delle cifre dell’autrice, quel non lasciarsi sedurre dall’assordante tam tam dell’attuale e insieme non rimanere distante. Anna Maria Curci è con chi è stato sconfitto e dimenticato, anche perché di tragedia in tragedia, sembra imprimersi nella coscienza di tutti solo l’ultimo evento e sempre per poco.

Una delle poesie del libro Undici settembre riannoda uno dei fili della nostra lacunosa memoria; l’evento è la caduta di Allende e il colpo di stato in Cile nel 1973, in un lontano undici settembre offuscato dall’altro con gli aerei che entrano nelle torri gemelle a New York: “Acquerello di Klee, tu guardi ancora./ Su ricorrenze amplificate taci./ Dipani la matassa dell’oblio./ Arrotolato e stretto, unico sei/ rimasto folle antidoto alla fuga…/“ (p. 40). Nel richiamo colto, pittorico, l’arte si fa segno di memoria ed è evidenziata l’amplificazione di un fatto, quasi abusato ormai, mentre un altro è posto in ombra perché rivelerebbe la trama sporca di una storia scritta nel delitto e nell’impunità dei potenti.

La memoria e la letteratura, con richiami ad autori amati dall’autrice che è anche traduttrice, qui ricordo tra gli altri Bachmann, Brecht, Pastor, sono i cardini su cui il libro ruota restituendoci, in sei sezioni (Nuove nomenclature, Staffetta, Sonetti sparsi, Dodici distici del disincanto, Distici del doposcuola e Canti del silenzio) dei quadri dove la voce si dispiega usando una metrica di volta in volta diversa, dall’endecasillabo al distico alle quartine e altro, sempre con l’esattezza di chi con la lingua non improvvisa nulla. Rilevante, in questo libro, è l’importanza della cultura, i rimandi sono in questo senso chiari, ma la voce sa trovare i proprio spazi e un’aria propria pur nel debito, amoroso quasi, in cui la riconoscenza è riconoscersi.

Nello stesso tempo nei “Canti del silenzio”, posti alla fine, la voce sembra rifiutare ogni consolazione e denunciare un “arrangiato conforto all’emergenza/ alla simulazione dello scoppio /che s’offre come rito prepagato…” (p. 94) indicando l’inutilità di imbastire qualche commedia per simulare un dolore o inventariare verità a cui non si crede. Se nella letteratura la salvezza non è certa, se può esservi finzione, allora le “nuove nomenclature” saranno proprio nome e voce, quel chiamare per dire l’incoerenza di un professare ideali e poi arrendersi alla funzione di un’utilità e di utile che inglobano tutti e tutto in una ripetizione senza uscite.

1 pensiero su “Anna Maria Curci, “Nuove nomenclature e altre poesie”

  1. Ringrazio molto Nadia Agustoni per la sua lettura che coglie con acutezza e sensibilità motivi e intenzioni e che mette in evidenza un componimento, come “Unidici settembrre”, che ricopre un ruolo centrale. Un grazie sentito per l’ospitalità qui.

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