Tomaso Kemeny, tre poesie

 

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Il canto delle Muse

 

Più t’amo, più la notte

sfavilla insaziata.

La tua grazia arde come frutto

agli altri uomini interdetto

e agli Dei. Ebbra di vita

ogni tua movenza

zittisce il mondo

e nella polvere dei giorni

il canto delle Muse riporta.

***

 

Sotto la pioggia

 

Sì, sì sotto la pioggia la primavera canta

come un notturno mai composto

da Fryderyk Chopin e si ubriaca

del proprio canto-canto contrappuntato

dal vento

 

Ma se il vento tace e la pioggia

sull’asfalto, sull’albero, sui tetti

tamburella, il suo triste notturno

canto scora e c’è chi non sa trattenersi

dal pianto

 

 ***

 

L’autentico demone furibondo

 

 

Sonora metamorfosi della mia persona

in una partitura inseparabile dall’idea di bellezza

 

Misteriosa forza forse ctonia e sinfonia

per la costruzione di un mondo

 

Soffio vitale dell’universo per flauti

e oboe, dialogo con strumenti a corda

 

Ed ecco l’autentico demone furibondo

a orientarmi eroico in un turbinio di scintille

 

Flusso di cosmica energia che scorre

in una rete di vasi, ma orde

di mostri che non hanno seme invadono

la scena con musiche canagliesche

 

Dal fango pur striato di neve fresca

istrioni pagliacci clown emergono

con sussulti effimeri per mancanza

di una forma. Sonora, rosa mia,

salvami dal flaccido sbavare, nella veggenza.

 

 

Tomaso Kemeny da “Una scintilla d’oro a Castiglione Olona”, Effigie, Milano, 2014

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