Colloquio con Felice Casucci

felice_casuccidi Antonietta Gnerre
Incontro Felice Casucci a Telese Terme, Benevento, nella sede della Fondazione “Gerardino Romano”. Mi accoglie nel suo studio pieno di libri che spaziano da Platone a sant’Agostino, da John Donne a William Shakespeare. Nel suo studio i libri sbucano ovunque, ce ne sono tanti, manuali, libri di ricerca e saggistica. I romanzi e i libri di poesie che sta leggendo sono adagiati, invece, sul suo scrittoio come se fossero dei tesori. Ne prendo qualcuno tra le mani e mi colpisce immediatamente il rosso delle sottolineature. Il suo studio è anche ricco di ricordi, di dettagli che compaiono dalle numerose foto. Iniziamo a chiacchierare dei suoi e dei miei progetti, dei suoi interessanti corsi all’Università del Sannio.
Il tuo interesse di ricerca in “Diritto e Letteratura” viene da molto lontano, dalle tue appassionate letture giovanili. Dal tuo amore incondizionato per la poesia, la narrativa e il diritto. Un percorso lungo che ti ha portato ad essere docente di “ Diritto e Letteratura”, attivato presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi del Sannio, di cui hai titolarità nell’ambito del settore scientifico del “ Diritto comparato”. Parlaci di questo percorso fortemente orientato sia ai fini della ricerca sia a quelli della didattica.
“Ho sempre pensato di coniugare gli studi giuridici con le tradizioni umanistiche. Si tratta di un percorso fortemente radicato nella cultura occidentale, che ha progressivamente perduto forza e senso. Si trattava di recuperare il filo rosso delle tradizioni sopra dette, ma occorreva dare al progetto scientifico un volto nuovo. L’idea è stata quella di riproporre al centro della formazione giuridica le esigenze etiche ed estetiche, pur presenti, che vi erano state progressivamente espulse. Così, nel 2008, è stato varato l’insegnamento di Diritto e Letteratura”.
La nascita del movimento in “ Diritto e Letteratura” viene tradizionalmente fatta risalire ai primi anni Settanta e ad alcune opere di diritto nord-americano, vede il suo primo germoglio nel 1973, anno di pubblicazione dell’opera di James Boyd White “The Legal Imagination”. L’autore, nell’opera, sostiene che “gli studi letterari avrebbero qualcosa di particolare da dire sul diritto e sull’interpretazione giudiziale”.
“Il movimento Nord Americano ha dei grandi meriti, ma io rivendico l’autonomia dell’impegno giuridico-letterario nelle correnti di pensiero dell’Umanesimo italiano, in special modo meridionale. Penso ad autori come Gravina e Pagano. Uomini che hanno investito la propria intera vita al servizio di valori di civiltà tutt’ora attuali”.
Quest’ambito di ricerca è solitamente diviso in tre diversi filoni: diritto della letteratura; diritto come letteratura; diritto nella letteratura. Ci spieghi la differenza?
“Diritto come letteratura è il Diritto nell’accezione estetica e stilistica; il diritto della lettertura è il diritto che si occupa della protezione degli interessi giuridicamente rilevanti riferiti alle opere letterarie; il diritto nella letteratura è quello maggiormente frequentato dagli studiosi della materia e attiene all’analisi letteraria delle problematiche giuridiche. Si pensi al “Processo” di Kafka”.
Il diritto, che fin dalle sue origini è stato avvicinato alla letteratura in quanto tentativo formalizzato di strutturare la realtà attraverso il linguaggio, conserva ancora oggi la sua essenza letteraria.
“Il diritto conserva un’essenza narrativa. Si pensi alle fasi interpretative elaborate dai giudici e dagli avvocati nella sede processuale. La connotazione più strettamente letteraria, tipica del linguaggio mitologico e dei suoi derivati, è andata irrimediabilmente perduta, anche e soprattutto per il mancato investimento sul sapere critico da parte delle Scuole di diritto. L’influenza di common law, che usa espressioni di lettura della realtà di tipo matematico-statistico, ha fatto il resto”.
Pertanto, lo studio della letteratura accostata al diritto munisce una “poetica” della giustizia. È così?
“Non credo in una “poetica” della giustizia, anche se la formula è suggestiva e ne comprendo e in parte giustifico la motivazione di politica culturale. Non esistono più gli strumenti per una lettura del contesto sociale che si avvale di argomenti letterari. La giustizia è ostaggio di rapporti di forza, anche di tipo intellettuale. Non vi è più molto spazio per la libertà di pensiero e per gli optia meditativi. Grandi interessi corporativi si muovono all’interno dei “palazzi” del diritto. Occorre una palingenesi. Tuttavia, il declino non va di pari passo con le condizioni necessarie a determinarlo. Uno spazio, un piccolo spazio “rivoluzionario” sempre si trova, nel quotidiano”.
Parlaci dei nuovi orizzonti in “ Diritto e Letteratura”.
“I nuovi Orizzonti in “Diritto e Letteratura” passano attraverso i piccoli ma significativi segnali che provengono dall’Accademia e dai Centri di Ricerca che stanno sviluppando approcci comunicativi più dialettici nei confronti degli studenti e più rigorosi rispetto al recupero delle tradizioni. Si cerca di tornare ai testi fondamentali delle nostre aggregazioni culturali e sociali. Temi come la parola, il silenzio, l’ingiuria, l’esilio, sono stati utilizzati per una linea didattica a più voci sperimentata presso l’Università degli Studi del Sannio negli ultimi anni con un positivo riscontro da parte del corpo discente. Il segreto del successo sta tutto nella interdisciplinarietà e nella maggiore aderenza ai linguaggi e ai bisogni giovanili”.
La Collana di “ Diritto e Letteratura” delle Edizioni Scientifiche Italiane, da te curata e inaugurata, è una nuova frontiera culturale del sapere giuridico in senso umanistico e pluralistico. Parlaci di questa collana…
“Si tratta di una scelta lungimirante della Casa Editrice. Autori e lettori hanno estrazioni diverse, ma si incontrano su un terreno in cui i lemmi culturali trovano nuova collocazione ed aprono spazi di dialogo a futura memoria”.
Una domanda indiscreta. Puoi parlarci dei difetti delle Università italiane? Perché molti giovani scelgono di concludere gli studi all’Estero?
“Le Università Italiane sono auto-referenziate e pongono al centro degli studi più gli interessi dei formatori che quelli dei formati. Resta il problema della lingua, che rende le Università italiane tendenzialmente di portata locale”.
Quale sarebbe, secondo te, lo sbaglio principale?
“Lo sbaglio principale è non spogliarsi mai dei propri panni e non dialogare come si dovrebbe con il mondo della scuola. A ciò va aggiunto il cataclisma delle riforme continue e spesso contraddittorie, alla fine si è tutti soli in un mondo che dovrebbe essere una comunità”.
Nella tua bellissima premessa dell’ultimo volume di “ Diritto e Letteratura” dal titolo Il silenzio del diritto (EDS, Napoli, 2013) la dedica finale è per i tuoi studenti: “ A quel che non sanno di se stessi, che li rende così belli e ineguali”. Da queste parole traspare una stima incommensurabile per i giovani. È vero?
“Ho sempre cercato di dialogare con loro, verificando in concreto le ragioni del dialogo. I giovani hanno grandi meriti, che vanno scoperti e accompagnati alla ribalta della storia nazionale. La loro profonda diversità è una ricchezza che va misurata sulla capacità di realizzare obiettivi seriamente scientifici”.
Parlaci dei “Mercoledì culturali” che organizzi in questa Fondazione di cui sei Presidente. Gli incontri si svolgono ogni settimana e rappresentano un momento di confronto dialettico con l’intento di contribuire alla crescita del territorio sannita. Come è nato questo progetto così riuscito?
“Il progetto nasce da un bisogno personale, quello a trazione culturale dal basso che mi deriva dalla lunga militanza politica di mio nonno Gerardino Romano, sindaco per trent’anni di Telese, oggi Telese Terme. Ho tenuto più di 400 incontri con la Fondazione, che ereditano l’esperienza dell’Associazione “Controra”, a Napoli, di inizio anni ’90 e i salotti letterari che precedettero quell’esperienza presso il Circolo Pickwick. Vi è stato, allora, come ora, un grande riscontro di pubblico. Le persone sentono un bisogno impellente di partecipazione alla vita pubblica”.
Chi sono i tuoi maestri di vita?
“Mio nonno Gerardino, mio padre Raffaele, il mio Maestro universitario Pietro Perlingieri e i tanti scrittori che ho amato e che continuo a testimoniare con la mia azione giusletteraria (Kafka, Camus, Orwell, fra tanti). Poi vi è il “femminino” e il significato dionisiaco dell’esistenza, che ho imparato a conoscere e a coltivare”.
Tre libri di narrativa e tre di poesia da tenere sempre sul comodino.
“Narrativa: Lo straniero di Camus , I fratelli Karamazov, di Dostoevskij e Mr Vertigo di Paul Auster. Poesia: Lorca, Montale e Bigongiari”.
Chi è Felice Casucci secondo Felice Casucci?
“Un apprendista”.
Parlaci della tua poesia.
“Le mie opere sono spurie e chiedono di rimanere tali. Non prediligo le classificazioni. E non mi piacciono le repliche. Ho scritto molti libri, l’uno diverso dall’altro”.
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Per ulteriori approfondimenti
www.fondazioneromano.it
Felice Casucci è Docente di Diritto e Letteratura e Presidente della Fondazione “Gerardino Romano”
 
 
 

1 pensiero su “Colloquio con Felice Casucci

  1. Che bello! Che bello vedere da lontano che lo spirito rinasce sempre e trova senza frastuoni i suoi addetti. Bravo a Felice Casucci!

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