Alberto Bertoni, "Traversate"

traversate
Dalla Prefazione di Paolo Valesio
In questo libro è giunto a completa fioritura un elemento già presente nella poesia bertoniana: l’elemento della “pietas”. Ciò che è veramente distintivo peraltro è che Alberto sa evitare il sentimentalismo edificante che spesso (per ragioni umanamente comprensibili) si accompagna alle poesie che mettono a tema il rapporto con i defunti. Alberto taglia netto: il suo è in un certo senso un libro spietato – attributo che uso con valenza nettamente positiva, e che in ultima analisi non è un ossimoro. Parlando di spietatezza, infatti, il riferimento è alla rigorosa lucidità della rappresentazione; la quale non indebolisce – tutt’al contrario – l’esplorazione di tenebra e di ricordo. […]
Lo standard di Alberto Bertoni è alto; nel senso dell’intensità della sua “pietas”. Il ruolo strategico in questo libro è giocato dalla serie di testi in memoria di un amico, definiti da Alberto come «paradosso di una Via Crucis concepita da un ateo per un altro ateo». È di questi paradossi che vive ogni autentico cammino spirituale; e del resto, il dialogo con il non-credente è forse la sfida maggiore di ogni esperienza di fede (specialmente di fede cristiana) oggi. Con l’avvertenza, però, che qui non si parla di dialogo al plurale, fra gruppi o masse di credenti e non-credenti – in occasioni che evocano le dichiarazioni solenni e più o meno diplomatiche; e nemmeno ci si riferisce a un genere letterario abbastanza alla moda: i libretti in cui un più o meno esimio credente discorre con un più o meno illustre non-credente, con una serie di mosse coreografiche. Il dialogo che ho in mente coinvolge il singolo con un altro singolo; e non è tramato su dichiarazioni dirette (nessun vero dialogo lo è), ma si svolge in modo indiretto ed esistenziale, senza pretese aprioristiche di conversione. […]
Un’esperienza come quella appena descritta è per eccellenza – ma non esclusivamente – l’esperienza della poesia. […] È sempre rischioso racchiudere un libro di poesia in una formula riassuntiva. Eppure debbo dire che per me questo libro alto di Alberto Bertoni si situa, con risolutezza e commozione, sotto l’egida di una “religio” laica (continua lezione per i credenti) della “pietas” familiare e amicale.
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Canto per Alberto Bevilacqua
nel giorno del suo funerale
                                  a Michela Miti, 14 settembre 2013
Se il mondo è un condominio
dove a sinistra, dalla scala A,
sale l’amore fortunato
mentre a destra, per la B,
scivola quello più crudele
non c’è dubbio che adesso
la B di Bevilacqua va all’inferno
di tutti i possibili credo
Gloria in excelsis la A di Alberto
gelosa del suo fiore etereo
e dell’ “Amore, Amore mio!”
urlato da Michela sul sagrato
nella folgore del Pincio
Per l’ultima volta che sei vivo
irriso di sudore nel lettino
al gancio del tubicino estremo
d’ossigeno e speranza
quando fuori tutto è fuoco
violenza incandescente della stella
se si potesse avvicinarsi
e non fosse pura e semplice invadenza
la carezza di un dito sulla guancia
questo sfiorarsi d’anima
Mille fauci pronte a delirarti
e la neve a fiocchi larghi,
la bocca di tua madre mentre morde
in fondo, alla fine della foce
acrobata proteso sulle corde
a studiare rimasugli di luce
mozziconi, briciole, bottiglie
o quali zèfiri solfeggiano alla fine
una guerra di molecole lontane
le ultime a morire
Nell’alba tre semafori rossi
e nessuno dall’altra parte
non un lampo di verde
*
Notturno
Alla fine mi faccio compatire, lo so bene
ma i traumi non rimarginati, le cicatrici aperte
s’impigliano come ragnatele
nel soffitto di sogni e di zanzare
che copre tutti i giorni la mia mente
acrobata del cielo e kamikaze
del selciato complice
a raccogliere giù in fondo le mie cose
in fondo, più in fondo dello sguardo
che anche oggi, adesso, chiede spiccioli
dimenticate in bagno le corone
di spine, di sesso, d’ amore
e ogni tanto, solo ogni tanto
qualche scampato pericolo a favore
qualche volo di tortore
che ti piaceva tanto
*
Un Natale del secolo scorso
Le piste delle mia città sono tutte accidentate
e io mi muovo fra buche rabberciate
o crepe, rughe di selciati
nelle loro diverse piegature
porfidi, gobbi, pozzanghere
Abito una zona di ricambi
e di mezze figure,
luce fioche, vicoli di manifatture,
incroci dove niente è rettilineo,
geometrico, ordinato
e il mondo sembra il solito gomitolo
ruvido di giallo o di verdino
quella radice dell’albero rinato
da un davanzale vuoto
Da “Traversate”, di Alberto Bertoni, Società Editrice Fiorentina, 2014 (euro 12,00)
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Alberto Bertoni è nato a Modena nel 1955.
E’ autore dei libri di poesia: “Lettere stagionali” (1996, Nota di Giovanni Giudici); “Tatì” (1999, omaggio in versi di Gianni D’Elia); “Il catalogo è questo. Poesia 1978-2000”, intervento di Roberto Bartolini; “Le cose dopo” (2003, Postfazione di Roberto Battistini); “Ho visto perdere Varenne” (2006, prefazione di Niva Lorenzini); “Ricordi di Alzheimer” (2008 e 2012, con una lettera di Francesco Guccini); “Recordare” (con Roberto Alperoli ed Emilio Rentocchini, Prefazione di Marco Santagata); e “Il letto vuoto” (2012).

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