Letture
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Il titolo del nuovo libro di Salvatore Ritrovato, “L’angolo ospitale” (La Vita Felice, 2013), che ha al suo attivo molte pubblicazioni, a prima vista pare alludere a una condizione di serenità, ma via via che ci si addentra tra le pagine ci si rende conto che non si dà voce a una condizione di benessere ospitale, ma a un senso di perdita e di esilio, vissuti come status permanente dell’esistere, con la conseguente percezione della fragilità della felicità e, talvolta, persino della sua impossibilità. Allora si capisce che ciò che vibra nella raccolta (e la rende coinvolgente) è proprio ciò che manca, poiché in tralice ai versi emerge sempre l’umanissima speranza di trovare un luogo o anche solo un angolo dove si possa – heideggerianamente – sentire di “abitare il mondo”, e sentire questa terra “ospitale”.
(Dalla presentazione di Gabriela Fantato)
Il libro contiene testi molto intensi, come quelli che seguono.
ELEGIA PICCOLA
Ogni giorno è il primo e l’ultimo
se dietro cessa di esistere
fitto e solido il tuo futuro.
Temi di sorridere e da tempo lasci
frusciando come un’ombra leggera
e impertinente questa corte.
Dove vai oggi? Fa notizia
la coppia che vive scissa, ognuno
tiene alla sua metà di agio
privato, sempre in tregua,
e noi che abbiamo il desiderio
di stare insieme anche nel buio?
Dove non conta niente forse
neanche questo muro di gente
che sposta i suoi rapidi spazi
e scompare dopo una calle,
come l’albero che perde un fiore,
un fiore che lascia l’albero.
*
CLANDESTINO
Viaggia qui la mia città disabitata
le anime blindate nella notte
dei pendolari e dei casuali compagni
che scappano da casa
e una che non sento più nel vento
restarmi dentro: Keine gegenstaende…
Non gettare i tuoi fantasmi nella nebbia
di Arquà, dal finestrino
dove lampeggia il volto familiare
nell’oscurità, non lo fissare
non vedi quella fronte
confusa nella notte e il profilo
ritagliato da un cavo,
e dietro un lampo passa.
Questo sedile, scelto non a caso,
non è sfonfato, ha sopra
un velo di polvere, e nell’impronta
raccoglierà per qualche ora un corpo
piegato sui ginocchi
come il giorno lo lascia,
così come nel mondo fu gettato.
Va’, è facile comprare quello che vuoi
credere in tutto e in niente,
facile come cambiare sesso o pelle,
auto ed emozioni.
Là un giovane strafatto che si sgola
contro il male di vivere alza un braccio
tatuato e Italia o Intaglia grida
senza fiato. Un altro cerca un nome
sul cellulare, lo accende e lo spegne,
con l’infradito lo minaccia.
Indifferenti si scansano i turisti:
hanno visto la scuola di San Rocco
Rialto, Basilica, Giotto –
e uno, dallo zaino, prende i manga.
Ogni mistero appare più lontano,
chi segue una traettoria (e siamo
in pochi a crederci) chi ascolta
rannicchiato in un punto la collisione
di gesti senza parole, chi la morte.
La ronda della Polfer in lontananza.
Una fermata, qualcuno scende in fretta
senza voltarsi, come chi non torna.
*
CAMPO, CONTROCAMPO
Sono io, piccolo, quello che ti assomiglia.
Perché esiti la mattina e cerchi una carezza
per buttarti dietro il resto della notte
un sentiero per vivere la tua giornata
dietro i nonni i grandi la sorella.
Perché porti il mondo sulle gambine gracili
come uno straccio di luce che non brilla.
Sarò io il bambino un giorno, tu mio padre.
Allora, quel che conta portalo via
se non puoi tornare, tienilo per te.
Come presagio nel buio di chi non sa dove andare
non ha coraggio di restare, non si è perdonato.
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Salvatore Ritrovato (1967) ha pubblicato le raccolte di versi “Quanta vita” (1997), “Via della pesa” (2003), “Come chi non torna” (2008), e diverse plaquettes fra cui “Cono d’ombra” (2011, con film-dvd, regia di A. Laquidara). Per quanto riguarda il suo lavoro critico, ha pubblicato di recente “Dentro il paesaggio. Poeti e natura” (Archinto, 2006), “La differenza della poesia” (puntoacapo, 2009), e “Piccole patrie. Il Gargano e altri sud letterari” (Stilos, 2011). Collabora a riviste e giornali, e co-dirige l’annuario della poesia italiana «Punto». Insegna Letteratura italiana presso l’Università di Urbino, dove vive.