Renato Mambor, "Atto Unico"

Scoprire il volto Azioni FotografateArte e poesia
a cura di Luigia Sorrentino

Scenari mentali di figurazioni enigmatiche sospese tra arte e vita, finzione e realtà
di Silvana Lazzarino
Oltre il significato dei contenuti espressi dalla Pop- Art, oltre il senso del concettuale, orientata a scandire un rapporto metalinguistico tra parole, immagini, cose e persone, l’arte di Renato Mambor, tra i protagonisti più originali e interessanti del gruppo della Scuola di Piazza del Popolo, coglie con stile innovativo e dirompente il senso profondo della realtà contemporanea, sempre più tecnologica e sofisticata in cui l’uomo agisce spesso per automatismi.
Nato a Roma nel 1936, Renato Mambor inizia la sua esperienza accostandosi al cinema in qualità di sceneggiatore, cartellonista e attore interpretando anche una piccola parte nel film di Fellini “La dolce Vita”, per poi sul finire degli anni Cinquanta dedicarsi completamente alla pittura partecipando a diverse mostre personali e collettive. Dopo l’esordio con la mostra del 1959 presso la Galleria Appia Antica di Roma, ottiene diversi riconoscimenti vincendo uno dei “Premi di incoraggiamento” della Galleria d’Arte Moderna, che confermeranno il suo talento come anche l’esposizione del 1965 presso la Galleria la Tartaruga di Plinio de Martiis. Nato Re MagioDalla pittura al teatro il passo è breve: infatti a partire dagli anni Settanta Mambor si lascia incantare dalla fascinazione del teatro costituendo insieme a Carlo Montesi, Lillo Monachesi e Claudio Privitera il gruppo “Trousse”, per arrivare agli anni Ottanta con Mario Prosperi ad una forma di teatro più tradizionale. E’ questa fascinazione teatrale a suggerirgli spunti nuovi come per l’opera pensata per gli spazi di Palazzo Taverna su richiesta e invito di Graziella Lonardi Buontempo. Non manca l’interesse per le grandi installazioni che trovano apprezzamenti nella personale “Fermata d’autobus” nel 1995 presso lo Spazio Flaminio a Roma.
Alla sua opera che si concentra sul motivo dell’incontro tra l’uomo e la realtà, tra l’osservatore e l’oggetto di osservazione, con particolare attenzione allo sconfinamento tra arte e vita, è dedicata la mostra personale in corso al MACRO di Roma dal 20 dicembre 2013 al 9 marzo 2014.
L’esposizione, Renato Mambor Atto Unico, a cura di Benedetta Carpi De Resmini, attraverso più di trenta opere dedicate al teatro, si sofferma sul rapporto tra arte e vita, tanto affrontato e analizzato dal teatro che diventa per Mambor un luogo ideale cui ispirarsi trasformando il suo fare arte in laboratorio permanente. Così la sua arte sperimenta nuove forme e presenze elaborando quel sottile confine che separa e avvicina, e talvolta confonde, queste due dimensioni: arte e vita che nel teatro trovano una perfetta associazione e combinazione di idee sospese tra verità e finzione, vita e forma.
L'osservatoreLe opere in mostra realizzate nel ventennio 1969-1989 armonicamente distribuite entro gli ambienti del Macro, concepite come veri e propri rebus in cui trovare risposte, creano un suggestivo gioco di rimandi con lo spazio espositivo che ben si presta a suggerire un dialogo infinito tra l’artista ed i suoi visitatori. Essi diventano attori /spettatori e ad un tempo interlocutori privilegiati in questo viaggio attraverso l’universo individuale sospeso tra segno e materia, idea e concetto. Grandi superfici in cui il visitatore diventa protagonista sentendosi chiamato in prima persona a trovare delle possibili risposte a domande che appartengono a tutti. A partire da Azioni Fotografate (1966-1970) in cui le foto riprendono gesti e azioni quotidiane come: Scoprire il volto, Nel cerchio, Trame nere, Saltare a corda e L’ultima riflessione, il percorso espositivo, passando per i Collage in cui abitano simboli e riferimenti alle azioni: Senza calpestare e Nato re Magio, e per la gestualità meccanica del movimento ripetitivo presente nell’Evidenziatore sorta di uncino metallico, trova il suo punto cardine e di espansione in Trousse (1975). Si tratta di una scultura pensata quale dispositivo per ospitare un oggetto o un individuo attraverso cui evidenziare la realtà ad esso legata. Il parallelepipedo metallico si trasforma in una sorta di cornice che inquadra, cristallizza pozioni di vita per creare e suggerire nuove relazioni di senso. “Trousse” – derivato dall’immagine della trousse quale astuccio che contiene gli strumenti dell’artista/attore – invita ad uscire da questa gabbia di isolamento per interagire con l’esterno e con gli altri. Essa da spazio fisico si trasforma in spazio mentale con cui segnare il passaggio dall’interno dell’individuo all’esterno del palcoscenico e viceversa. Un’indagine che soffermandosi sull’individualità evolve verso una ricerca corale attraverso cui l’individuo esplora nuovi orizzonti mentali rapportati alla visione che viene dall’esterno.
Azioni  Fotografate Nel CerchioA partire da questa nuova presa di coscienza visiva tra arte e vita, finzione e realtà in cui le due entità si scambiano giustapponendosi, prende il via l’esperienza del teatro, iniziata con la compagnia teatrale Gruppo Trousse, portata avanti con altre sperimentazioni sempre legate al sottile filo dell’analisi linguistica in cui la forma oggettiva statica è messa costantemente in relazione unitamente ai mutevoli processi formativi legati alla visione.
Significativi per meglio accostarsi alla sua passione per il teatro sono i bozzetti di scena: Il lupo della steppa e Lo spirito della morte.
Interessanti i modi di essere dell’individuo “osservatore” che ora osserva, ora analizza, ora prende coscienza come in Osservando lo studio e nei due disegni Gli osservatori.
L’osservare, il trovare risposte attraverso enigmi diventa un modo per criticare l’indifferenza, la superficialità di una società sorda ai sentimenti perché troppo proiettata verso il successo e il potere.
A conclusione dell’inaugurazione della mostra il pubblico presente è stato attivamente coinvolto dall’attrice Evita Ciri, in una performance guidata, a prendere parte fisicamente all’opera Trousse.
L’arte si fa pensiero e allo stesso tempo figurazione mentale di tale pensiero che avanza generando espressioni senza volti, senza specifiche fisionomie, perché al di fuori di quei codici linguistici precostituiti.

RENATO MAMBOR “Atto Unico”
MACRO Project Room I
Via Nizza, 138 – Roma
orari: da martedì a domenica 11.00-19.00; sabato 11.00- 22.00
dal 20 dicembre 2013 al 9 marzo 2014

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