“Olimpia”, un’elegia alla morte

Olimpia, di Luigia Sorrentino, Prefazione di Milo De Angelis, postfazione di Mario Benedetti, Ed. Interlinea, Novara 2013. Pp. 104, € 14,00.

di Pierrette Lavanchy

Alla presentazione a Milano di Olimpia, il poema di Luigia Sorrentino, alla Libreria Claudiana il 6 giugno 2013, c’erano gli esponenti più prestigiosi della poesia italiana contemporanea: Milo De Angelis, autore della prefazione, Mario Benedetti, autore della postfazione, Giancarlo Pontiggia, Guido Oldani e naturalmente l’autrice, che ha letto i suoi versi in alternanza con i commenti di Fabrizio Fantoni, Tommaso Di Dio, Chiara De Luca. Il filo conduttore del volume, ha ricordato Fabrizio Fantoni nella sua introduzione, è l’attraversamento di una città in rovine, Olimpia appunto, dove il vento porta con sé le voci delle vite passate, in un paesaggio immobile. L’itinerario parte dall’antro, luogo oscuro e primordiale, considerato dagli Antichi come simbolo del mondo intelligibile, come espressione di tutte le potenze la cui essenza era nascosta allo sguardo. Recuperando questo significato, l’autrice ha intitolato appunto L’antro il brano iniziale del poema, il luogo dove avviene l’incontro con la poesia, che assume la forma di un’essenza femminile.

Le immagini concrete dei muri, delle colonne, ma anche della vegetazione mediterranea, si mescolano in un’evocazione vivida resa possibile da una lingua molto vicino alla realtà sensibile e tangibile. Nel percorso incontriamo, come scrive Milo De Angelis, le epoche della nostra vita e le epoche di una civiltà, quella greca che impregna la nostra; «incontriamo le ombre dei corpi che abbiamo amato e infine incontriamo, tra le ombre, noi stessi».

Alla nostra lettura Olimpia è una elegia alla morte, un’accorata preghiera per la pace dei morti che ritornano. Prendiamo le righe dal titolo La deformazione (di p. 79), un frammento in prosa: «Sempre di più, il morire. Fluttuando nella sostanza emotiva che preserva e cura, svanisce la memoria di ciò che siamo. La transizione nella morte da vivi, provoca spaesamento. In un grumo di forze distese, avviene lo smantellamento, lo spostamento, l’inversione. Ritorniamo arcaici, al servizio di ciò che siamo stati». Passiamo alla morte da vivi, dimenticando ciò che siamo, e ritorniamo dall’al di là ricordando ciò che siamo stati. Oppure si leggano i versi di chiusa a la soglia era ciò, che conclude L´antro (a p. 30): «siamo colui che se ne va / abbiamo le sue gambe / le spalle, l’incedere veloce / la traccia del saluto / siamo colui che sprofonda / a un passo da noi.» Qui appare più nitido il tema del doppio: l’andare e il venire, ciascuno di noi e il suo doppio, ciascuno va con le gambe dell’altro, ciascun altro sprofonda a un passo da noi. Jean Cocteau, nell´Orphée, aveva immaginato che per accedere all´Ade il poeta dovesse passare attraverso gli specchi. Ritrovo nell´intuizione di Luigia Sorrentino questa emozione di conturbante disidentità tra me e l´altro, io che mi vedo di spalle, che vedo l´altro che sono io.

Ma ci si potrebbe fermare all’incipit de L´antro (di p. 13):«lei era lì / non era più la stessa / il volto sbiancato nell’intangibile / nulla più le apparteneva / si rivoltava in un’altra che l’offendeva». Ancora il richiamo al doppio, di chi perde sé stesso mentre acquista l’immaterialità. Il medesimo richiamo lo vedi nei versi del brano i muri toccati erano, (p. 15): «/ il volto che l’attendeva era lì / il suo nuovo volto profondo».

Su tutti prevale il tema del ritorno, iterato, fluttuante, per esempio a p.18: «si posa sulla foglia d’acanto / venendo a noi nel suo ritorno». O a p.19: «poiché nessuno è giunto alla sua fine / prima di morire». E poi, p. 25: «il sole alle spalle cancella / i nostri volti / veniamo da troppa lontananza». P. 26: «la montagna / in quel fondo di eternità / restò in attesa della loro ombra». P. 28: «ma lì più nulla accadde / sul lato opposto si mostrò la maschera / salita sulla montagna». I morti ritornano nel mondo dei viventi alla ricerca del loro nome, p. 43: «ritornammo dove eravamo / solo il nome tremato». E infine, p. 29: «siamo tornati per scomparire / intorbidare il fondo».
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Recensione uscita il 14 luglio 2013 sul numero 49 della rivista TECNICHE CONVERSAZIONALI, di Giampaolo Lai e Pierrette Lavanchy.

http://www.tecnicheconversazionali.it/sito/

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