Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino
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Sergio Baratto. Diario di un’insurrezione
Effigie – collana i Fiammiferi – 2012
di Nadia Agustoni
E’ il settimo volume della collana “i Fiammiferi” Effigie edizioni ed è un diario di riflessioni puntuali, attente e decisamente partigiane, nel senso migliore del termine, sopratutto per come l’autore riesce a spiegarci le sue ragioni e la sua scelta di essere controcorrente nell’impegno politico e sociale anche rispetto a chi si crede depositario di verità alternative. Sergio Baratto è uno scrittore che vive in provincia di Milano, scrive sul blog “Il primo amore”, ha una vasta esperienza di scrittura in rete e qui pubblica il suo primo libro.
Il racconto del “Diario di un’insurrezione” si svolge lungo il decennio trascorso, ma prendendo come punto di partenza i giorni del G8 a Genova nel 2001.
Genova è nelle parole di Baratto il punto da cui comincia una lunga crisi, quella dei movimenti che si sono sfaldati dopo l’11 settembre, ma che in quel luglio sembravano avere trovato il modo di fare confluire la protesta di molti verso una creatività capace di unire riflessione no global, arte e impegno politico.
Chi ha frequentato gli alter-mondialisti sa che molto devono alla pratica degli zapatisti del Chiapas, di cui il sub-comandante Marcos è il portavoce più noto. La “Sesta dichiarazione della Selva Lacandona” rimane uno dei documenti più radicali e inclusivi, verso tutte le diversità, imprescindibile per chi pensa ancora possibile una realtà non basata sullo sfruttamento degli ultimi della terra e sull’appropriazione delle risorse naturali fino ad esaurirle, e le parole di Baratto si inscrivono in questa radice con la stessa sua scelta di dare attenzione e rispetto a ognuno. E’ nel “camminare domandando”, mutuato da quell’esperienza, che l’agile libretto ci propone non degli slogan, ma il pensiero di chi che non smette di cercare e il respiro di letture che vanno da Erodoto a Murasaki Shikibu, dagli scrittori russi dell’Ottocento a Simone Weil che per l’autore è chiaramente un riferimento forte e molti passaggi del “Diario” lo testimoniano.
Il “Diario” di Sergio Baratto è il racconto di passioni e dubbi e di un attraversamento che non è mai fuga, ma duro confronto con se stessi e sul perché sia necessaria una coerenza tra la propria vita e ciò che si chiede come giustizia per tutti.
Non pecca di ingenuità l’autore quando rifiuta e rifugge il doppiogiochismo dei duri dei movimenti, con la loro deriva autoritaria e il fine totalitario di chi pensa di poter usare il fondamentalismo religioso islamico per colpire il sistema occidentale, prendendo a bersaglio quel che resta della democrazia, così come rifugge da un semplicistico essere contro che si arena “nell’insopportabile mistica della cannabis” e ferma anche “i discorsi intelligenti interrotti per rollare…”. (p. 109-110)
La parte finale del libro dà infatti al lettore spunti di un lavoro su di sé, in alcuni brevi paragrafi esemplari per chiarezza, che offrono il percorso di chi si assume la responsabilità dei propri atti e delle proprie parole sapendo che hanno conseguenze.
Significativo quanto ci dice sull’attenzione: ” Attenzione. Cioè cercare instancabilmente di sapere. Affilare lo sguardo, non accontentarsi delle balle della propaganda e delle semplificazioni della controinformazione. Cercare di non dimenticare niente. Segnarsi le parole, i discorsi, gli slogan, non stancarsi di cercare le cause reali dietro quelle apparenti, allenarsi a scoprire le relazioni tra i fatti. Incrociare i dati. Farsi e afre di continuo domande sulle cose che accadono. E’ una fatica, ma è l’unico modo per non farsi fregare.” (p. 110-111)
Viviamo tempi in cui è raro scorrere pagine che ci ricordano quanto possiamo fare e quanto dovremmo fare.