Appuntamento
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Dal 5 marzo al 16 giugno 2013 “Tiziano” alle Scuderie del Quirinale di Roma. A cura di Giovanni C. F. Villa.
(Nella foto: Tiziano Vecellio, Flora, 1517 ca.
Firenze, Galleria degli Uffizi)
Nato a Pieve di Cadore intorno al 1490 da una famiglia di notabili e giureconsulti, fu inviato a nove anni, con il fratello maggiore, a Venezia presso uno zio. In breve si impadronì delle tecniche pittoriche, riuscendo a farsi strada già nel primo decennio del Cinquecento, a fianco del grande Giorgione da Castelfranco.
Dal 1510-1511, con le commissioni degli affreschi della Scuola del Santo a Padova è considerato un maestro fra i più promettenti. La morte di Giorgione e la partenza per Roma di Sebastiano Luciani (poi Sebastiano del Piombo) gli spianano una strada di prestigio pittorico che Tiziano percorre con abilità, sostenuto da una committenza alta e varia, affascinata dalle sue opere profane, dall’energia del ritrattista e dalla spavalda affermazione di un primato del colore e del movimento che nell’Assunta dei Frari giunge a sconcertare i veneziani, che in pochi anni lo riconoscono come il Maestro assoluto.
Richiesto dalle corti padane, a cominciare dalla Ferrara di Alfonso d’Este, Tiziano raggiunge nel terzo e quarto decennio del Cinquecento una fama già europea. Dopo il Sacco di Roma (1527) stabilisce una stretta alleanza e amicizia con Pietro Aretino e poi con Jacopo Sansovino. È una triade che dirige le arti di Venezia. Riconosciuto come “primo pittore” dall’Imperatore Carlo V, e da lui nobilitato, resta comunque a Venezia, rimanendo anche sempre in rapporto, per affari e proprietà, commerci e relazioni familiari, con la terra natale. Intanto si è legato ad una giovane, Cecilia, che gli dà due figli, Pomponio e Orazio, ma muore dopo aver partorito Lavinia. Dei tre bambini – il primo sarà sempre il suo cruccio, avendolo voluto avviare alla carriera ecclesiastica senza ottenerne nulla, il secondo sarà suo collaboratore, la terza amatissima morirà a sua volta di parto – si occuperà la sorella Orsola Vecellio.
La fama di Tiziano si estende ovunque: i suoi modi aristocratici e l’abilità diplomatica, lo stile di vita e la coscienza nobile della propria arte non lo limitano, anzi lo fanno apprezzare nelle corti. A questi tratti signorili si affianca il desiderio di onori, denaro e prebende che emergono dalla ricca corrispondenza tutta segnata da inquietudini e fortissime antipatie e invidie che sovente lo mostrano avverso ai colleghi pittori, come il più anziano e debole Lorenzo Lotto, il competitivo e apprezzato Pordenone, il giovane e attivissimo Iacomo Tintoretto.
Al di là del vezzo di invecchiarsi ad arte – in data primo agosto 1571 a Filippo II: si firma “suo servitor di età di novanta cinque anni” – la produzione senile appare ancora di stupefacente energia, ottenuta con mezzi sempre più volutamente limitati: quasi che al pittore bastassero tre colori – il bianco, il nero e il rosso – per raggrumare tutta la luce del mondo. Muore, durante la peste ma non di peste, il 27 agosto 1576 e il giorno dopo verrà sepolto in Santa Maria dei Frari, a Venezia.
Ci sono alcune opere del Tiziano a Napoli, al Museo Nazionale di Capodimonte che meritano il viaggio. Grazie Luigia per presentarci l’uomo! Dei grandi pittori si studia l’opera e quando la si vede da bambini in luoghi che ci appaiono fantastici e magici e che allo stesso tempo ci intimoriscono, ci sembra impossibile che sia stato un uomo a realizzarla.