A “Notti d’autore” Antonella Anedda

E’ Antonella Anedda l’ospite della quarta puntata di “Notti d’autore” viaggio nella vita e nelle opere dei grandi protagonisti del nostro tempo in onda su Rai Radio1 alle 0:30 giovedì 31 gennaio 2013. Il programma ideato e condotto da Luigia Sorrentino, giornalista e poeta, in onda settimanalmente la notte tra il mercoledì e il giovedì, ha già avuto ospiti nelle precedenti puntate il famoso violinista, Salvatore Accardo, la scrittrice Mariapia Veladiano e il grande artista Enzo Cucchi.

Antonella Anedda è nata a Roma, dove ha studiato laureandosi in Storia dell’Arte moderna. Il suo esordio letterario risale al 1992, anno in cui uscì “Residenze invernali”. Il libro fu accolto talmente favorevolmente dalla critica che si parlò di “un ritorno alla vera poesia”.

L’AUDIO DELL’INTERVISTA A ANTONELLA ANEDDA di Luigia Sorrentino



La particolarità di Antonella Anedda è che “pensa attraverso gli occhi” come faceva il personaggio di Dedalus dell’Ulisses di James Joyce: sublima nella poesia ogni tensione etica e religiosa, rispondendo a una chiamata per vocazione.  I versi di Antonella Anedda come ho già scritto altrove su questo blog, lasciano sulla pelle la traccia di un’abrasione. Nel suo primo libro “Residenze invernali” in una delle ultime poesie, scrive: “fa in modo di abitare dove si accatasta il gelo”.

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9 pensieri su “A “Notti d’autore” Antonella Anedda

  1. Ma il gelo si scioglie e l’epoca del disgelo e’ uno dei periodi piu’ desolanti dell’anno. Si cammina nel fango, fra chiazze di neve sporca, sulla terra ancora gelata in profondita’ e … d’un tratto si vedono accanto alla roccia, protetti dal calore del pallido sole, far capolino i bucanevi.

  2. Grazie, Adriana, per i tuoi commenti.
    Fa sempre piacere sapere che c’è una persona nuova che leggerà i versi di una poetessa come Antonella Anedda. Anche tu, quindi, che sei dall’altra parte dell’oceano, leggerai i versi di questa poetessa unica.
    Ciao e a presto
    Luigia

  3. Una persona straordinariamente rigorosa e lucida, la poetessa Anedda. Rigorosa sino a negare alla poesia (negarsi) un ruolo, una utilità in generale, se non nel dettaglio, nello scarto, sfuggito allo sguardo di chi usa vedere superficialmente. Dalla solitudine e dal gelo, dal disagio e dalla precarietà che ne conseguono, nasce la (sua) poesia. Il rigore si fa tensione etica e linguaggio, e porta al rifiuto del successo, dell’apparenza, delle parole che affermano il luogo comune, il banalmente visibile che rappresenta l’intrattenimento da salotto, da bar, da piazza…Il suo pensiero solitario, tra sé e sé, in un ambiente scomodo (gelido) che non consente calo di tensione, si fa poesia attraverso la ricerca del dettaglio, sfuggito al comune sentire, in cui è nascosta, spesso, la verità. (Ogni bravo investigatore risolve i casi e giunge alla verità attraverso l’osservazione-valutazione di qualche dettaglio, sfuggito al collega più superficiale, meno rigoroso…).

  4. Non credo sia necessaria una mente particolarmente acuta e nemmeno una lunga frequentazione dell’ars poetica per riconoscere, o quanto meno intuire, la “sontuosa” bellezza della poesia di Antonella Anedda. Non trovo altri aggettivi per significarne i versi così ricchi e fecondi di significati e suggestioni. Questa bellissima signora, così fragile all’apparenza, si scopre roccia dura, monolite maestoso, nel suo lucido afflato poetico,
    Una pregevole intervista e a seguire… una notte ancora accesa e indisponibile al sonno. Al mattino un po’ di stanchezza e un paio di occhiali scuri per coprirla. Ma ne è valsa la pena.
    (Max Lynceus)

  5. Non solo, nel suo selvaggio rigore, Antonella Anedda rifiuta un qualsiasi ruolo alla poesia; non solo rifiuta qualsiasi abbinamento fra successo e poesia; ma rifiuta anche alla propria poesia qualsiasi potere sul prossimo: dice che i suoi versi non salvano nulla e non gettano nessuno nel delirio: che al massimo sono una raccolta di scarti, a cui il lavoro poetico si sforza di donare unità e dignità. Nulla viene da lei vissuto in maniera banale: ci si sarebbe aspettati, da una natura così solitaria e ascetica, che parlasse delle sue origini isolane per rintracciarvi il seme della sua solitudine; e invece lei racconta di aver ricevuto dall’isola l’insegnamento dell’instabilità dell’esistenza, della violenza a cui è sottoposta -come la violenza del mare; e racconta che la sua solitudine è nata molto più prosaicamente, da un’infanzia triste passata vicino a una madre malata. La sontuosa durezza dei suoi versi non sembra nemmeno italiana, mi fa pensare alla cultura spagnola e alla sua capacità d’essere opulenta senza spreco. Dove vedrei bene una figura di donna come lei? In un Paese dell’Est, in Portogallo o in America Latina: nel mondo povero. In una cultura dove il contatto col dolore -colla concretezza del dolore- sia senza mediazioni fino ad essere esaltante. Il fado che Luigia ci fa ascoltare a metà intervista è perfetto.

  6. Aggiungo che sembra che, con la sua poesia, Antonella Anedda sia impegnata a testimoniare il tentativo di ricucire degli strappi (l’esempio di Oriente e Occidente), ma senza provarsi lei stessa nel tentativo di ricucirli. Alla sua poesia ella attribiusce solo -se ho capito- questo valore di testimonianza, che restituisce dignità e bellezza non solo alla cosa strappata, ma proprio alla faglia, al punto di sconnessura a cui lei guarda, da cui guarda, e di cui ha fatto una professione di fede. C’è chi è entrato nella poesia su una strada asfaltata, col carburante dentro ai motori. Lei vi è entrata lentamente, con dolore. Ma anche con lucidità e ironia: segnali di temperamento forte, vitalità. E con lo stesso spirito ha continuato a percorrerla. E’ straordinario.

  7. Non credo ci sia da aggiungere altro ai commenti che ho appena letto. Evidentemente chi scrive (chi commenta Antonella Anedda), non solo ama e capisce la poesia nel senso più letterale del termine (capere) , ma ha anche una bella cultura – e non solo poetica – e tanta sensibilità per poter entrare così a fondo nell’animo di una Donna che scrive Poesia.
    Posso soltanto aggiungere che, per quanto Antonella Anedda sia sarda e porti con sè tutta l’aspra bellezza e la totale solitudine della sua terra (aggiungo che è nata in un’isola nell’isola, La Maddalena), se n’è distaccata per andare a vivere a Roma; ma questo non ha scalfito la ricchezza che la rende , oggi, una delle più grandi poetesse italiane. E non solo: aggiungiamo gli splendidi saggi tra poesia e arte.
    Blumy

  8. Cara Antonella,
    noi pensiamo di essere i primi a scoprire com’e’ dolorosa la vita, pensiamo che sia un male di oggi, invece e’ un male di sempre ed il fatto che l’ uomo abbia pensato di essere superiore ad un verme, e’ una verita’che nessuno puo’ negare. L’ essere consapevoli delle nostre capacita’creative non esclude il rispetto per il verme, per la formica e tutti gli esseri che esistono e sono diversi da noi.Il concetto di “Reverence for Life” Rispetto/Reverenza per la vita del filosofo e dottore Albert Schweitzer nel nostro mondo occidentale, mostra un’esempio vissuto. Ma lo mostrano anche tutti coloro che hanno una relazione con la terra e sanno che l’ape e’ utile alla nostra sopravvivenza come del resto il lavoro del verme. La nostra religione cattolica ha voluto porci su un piedestallo per un’ambizione, ci ha “elevati” come diceva Salieri a Mozart e lui rideva… ci ha elevati per farci sentire meno vermi, ma questo desiderio di elevazione e’ secondo me un’angoscia per un desiderio evoultivo inerente alla vita stessa dell’uomo. E’ questo il desiderio che ci rende scienziati, pensatori, costruttori di cattedrali, artisti.
    Io trovo meraviglioso che nella nostra civilta’ occidentale possiamo mostrare di essere stati artefici di tante creazioni.

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