Giovanni Tesio, “I più amati. Perché leggerli? Come leggerli?”

Giovanni Tesio I più amati. Perché leggerli? Come leggerli? Interlinea (€ 14)

Un’opera in difesa dei libri, della lettura, della letteratura, della poesia. Con un ricca proposta di citazioni sul tema. «Senza voler istituire ridicole affinità, ho provato quel piacere della lettura di cui parla Proust in un testo, Journées de lecture, che sta alle origini della Recherche. Certo non posso paragonare il buon décor proustiano al mio, che era tanto più rustico e tanto meno agiato, ma capisco bene quando parla delle “incantevoli letture dell’infanzia, il cui ricordo deve restare per ciascuno di noi una benedizione”. E che all’infanzia abbia per conto mio accostato anche un po’ di adolescenza non cambia di fatto la memoria che conservo della mia lontana esperienza di lettore» (dalla premessa).

L’AUTORE
Giovanni Tesio è ordinario di letteratura italiana all’Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, sede di Vercelli. Ha pubblicato alcuni volumi di saggi (l’ultimo, Novecento in prosa, nel 2011), antologie, monografie, curato testi, tra cui la scelta dall’epistolario editoriale di Italo Calvino, I libri degli altri (Einaudi). Da più di trent’anni collabora a “La Stampa” e a “Tuttolibri”. È condirettore della collana “Biblioteca del Piemonte Orientale” e della rivista “Letteratura e dialetti”. Per Interlinea ha curato di recente l’autobiografia-intervista di Sebastiano Vassalli Un nulla pieno di storie.

UN BRANO DEL LIBRO
Gli scrittori sono in aumento vistoso. I dati parlano di 60 000 novità all’anno e di 160 libri che vengono sfornati ogni giorno. Tanto che Filippo La Porta ha recentemente invocato: Meno letteratura, per favore! e Franco Brevini (La letteratura degli italiani) si è domandato perché «molti la celebrano e pochi la amano». Va subito detto che l’invocazione di La Porta è antifrastica, perché in realtà è una strenua difesa della letteratura: della letteratura pronta ad aprirsi, a ibridarsi, a incontrare la rugosità e i travagli della vita. Potrei dire una letteratura capace non di orgoglio ma di umiltà (come predicava Noventa). Nessun compiacimento di classicismi selettivi (lo smeriglio neoclassicistico contro cui si scagliava Pavese). Ma invece la grana dell’unità (linguistica) incompiuta, a cui la letteratura ha ancora molto da dare. Tutt’e due i libri – quello di La Porta e quello di Brevini – sono buoni libri, fervidi di passione e insieme di distanza critica. Ma – ciò che conta ancora di più – intrisi di speranza. Se il nemico più formidabile, per tutt’e due i critici, è la fuga dalla realtà, diventa dunque facile il rovescio: «più letteratura, per favore!» Proprio perché la letteratura diventi «la letteratura degli italiani» che non è stata mai.

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