Opere Inedite, Amos Mattio

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

“Traccia una riga e torna al verde/  confuso di boscaglia, all’ambra/ liquida dei due centenari, aspetta/ la montagna ma non muove, irsuta/ dopo la pioggia. All’improvviso/  si sveglia tra le foglie e accende un fuoco,/ un motore lontano, contadino/ che ricorda le strade e traiettorie/ predeterminate, traccia/  di umanità dispersa allineata/ senza discrezione ai viali./ Torna nel verde la ringhiera,/ coi piedi nell’asfalto e l’occhio/ poggiato in ombra, a cavallo/ tra questo e quello, un confine/ cornice al mondo, e qualcos’altro/”

di Amos Mattio

 

Raggiunge il vento e la gomena
ancora respira: mille
trefoli d’ambra disegnati
sottopelle muovono a sorsi
l’anima asciutta di un animale
che prende fiato, stancato
dall’attesa. L’acqua è fonda
quaranta braccia, e il blu di prussia
scalza zolle di cobalto rivoltate
in refoli sottili, arcaici,
corre sul filo il cielo
dell’acqua increspata e rossa,
accesa dal mattino all’alba,
e si riflette a tratti e ribatte
echi sovrapposti. Nella schiuma
l’ombra dei primordi, il fuoco,
la zolla disossata, sciolta
dall’umore acquoso, latteo
di un breve sospiro e l’ombra
di una vita nuova, sotterranea
che si prepara, un fatto
dei più normali e straordinario.

— 

Luce l’agosto in lampi
di lingerie sottile e ricordi
blanc du Nil, cangianti
in luce estiva, arresta
e scioglie su una forma nuova, alterna
di luce e d’ambra che nasconde
l’ombra di una vita, intenta tutta
a disegnare il mondo con pastelli
rosa e il fuoco e blu di mare
e tutti gli elementi ex novo, luce
barbara che brucia, e luce agosto.

— 

L’acqua un po’ più sporca ma i sassi
sono quelli di sempre, del bambino
che rincorre il padre e poi lo perde,
dei sassi trasognati al sole
e dell’assenza di pesci: gli angeli
prendono il sole in topless e dei mortali
hanno perso memoria, abbruniti
dagli eccessi estivi, dai motori
che scorrono da un secolo il passeggio
palmato degli inglesi. Dettagli
mutano nel tempo dietro
ai riflessi dell’uomo, ai suoi capricci, al vento
che scova le righe e affila
forme e destini: la barba
è stata tagliata più volte al bambino
di pochi anni ma la pelle
non è più la stessa, e il Negresco è più basso
impercettibilmente, i seni
sfatti e rifatti inseguono
il sogno dell’eterno, ancora,
e più di un padre si è perso, qualcuno
si è ritrovato, un po’ più bianco, e cerca
un parcheggio soppresso, senza posa,
e nessuno si era accorto, tranne lui,
che il mondo poteva farne a meno. Balconi
e mercati al loro posto con generazioni
di olive piccanti, modernaglia
per ingannare il tempo e la plastica
rattoppa anche qui questo, benedetta,
ma non lo ferma ancora,
e lui procede passo passo su piedi
cresciuti ed invecchiati, indolenziti
da mutamenti improvvisi: larve
che sbattono le ali e figli
che diventano padri, in cerchio,
una spira più in alto, o in basso,
ma sugli stessi sassi..

Oca figlia d’oca in cerchio
attorno a un divano azzurro.

Occhi come spilli e punte
di lancia puntuta in resta.

Segue passo passo il filo
poggiato nel’ambra, un becco

prima e dopo il suo, tracciato
del cerchio di vita eterna.

Oca dopo oca uguale
da sempre, per sempre uguale

senza ribellioni dietro
e non se ne accorge andando

[da capo: Oca figlia d’oca in cerchio…]

 —

Pensieri doppi, raddoppiati
in uno specchio cavo come il ventre
di una baleniera rimpinzato
di olio fino, spermaceti
di duemila anni, quando il mondo
già sapeva e l’ambra grigia
si stava preparando a entrare
un’oncia alla volta nel destino
di un profumo nuovo, in un vestito
con fiori provenzali, disperata
e attesa da sempre, molto prima
che lo scafo fosse pronto, o il ramponiere.

Muovono sott’acqua e lo specchio
si adatta mollemente al calco
di dita di rosa, boreale
specchio del mondo: dentro
bollori e magma liquido, silenzi
e schianti e continenti e mari
che giocano alla vita con il soffio
di una brezza leggera. A tratti
scalciano sott’acqua nei riflessi
di un’alba opaca, densi
pensieri che si intrecciano a pensieri.

— 

Viaggia di nascosto e ieri
è andata a Cogolin per salutare
il secolo breve, quello
di biciclette, avi
e polvere da sparo, e cominciare
un’esistenza sua dove il Mistral
è una pipa lunga e il vento
un racconto antico, e Cagnes
un letto d’ambra
e un romanzo leggero. Si prepara
e segue l’orizzonte: un arco
che tiene tutto insieme: mare,
aria e fuoco, e il vento
non ha più nome, un mondo
che posa per mezz’ora, poi si muove,
scivola sull’acqua, salta, sale,
gioca con un gatto, ascolta, viaggia
fuori dagli schemi come l’aria
di San Lorenzo, ascolta, annusa
quel che le piace, un sorso
o il fumo del mistral, compagno
d’anni, d’annata e di una vita.

Si chiude un sipario prima
di un atto nuovo, sugli stessi
sassi ricoperti e nuovi
da un milione d’anni, e un libro
fa spazio a un altro nella luce
di un leone stanco, accovacciato
davanti alla chiesa. Dorme
prima della resa quando il tempo
verrà pesato in ore bune
e once di parole e il conto
potrebbe non tornare,
la carta consumata e l’ambra
quasi dissepolta per un dorso
o un gioiello raro. Rintocca
e un’altra ora è passata, attesa
e morte più vicine, e la vita
prepara il testimone e corre.

Amos Mattio, nato a Cuneo nel 1974, vive a Milano, dove lavora come segretario alla Casa della Poesia.
Nel 2004 la sua prima pubblicazione in versi, Bestie e dintorni  (premio Lietocolle Opera Prima). Suoi testi sono comparsi su riviste e in antologie tra cui Nuovissima Poesia Italiana  (Mondadori, 2004).  
Finalista nel 2007 del Premio di Poesia Cetonaverde e con la raccolta inedita Bolle sul fondo ha vinto nel 2008 il premio “Poesia Giovane” di Fiume Veneto.
Dalla collaborazione con altri artisti sono nati i testi narrativi per i volumi fotografici Norge (2003) e ll sogno è di chi sogna (2007), l’allestimento del recital di poesia e musica Bestie e dintorni (2007), e il testo narrativo per l’evento tra parole, musica e immagini Il fiocco magico (Cuneo, 2008), diventato volume nel 2009.  Traduce dal tedesco e dall’inglese ed è autore di un romanzo.

1 pensiero su “Opere Inedite, Amos Mattio

  1. «Lo sguardo del poeta si fissa su realtà in apparenza di anche minima portata, ruba verità nel poco o nell’insignificante» – così Maurizio Cucchi nella prefazione a “Bestie e dintorni” di Amos Mattio, ne descrive il meccanismo poetico.

    Una dimensione metafisica, quella dei primi versi di Amos, però non del tutto compiuta e composta. C’era di fondo un’inquietudine montaliana che lo legava alla terra. Un’inquietudine che in questi nuovi versi mi sembra essersi alleggerita:
    «scivola sull’acqua, salta, sale, / gioca con un gatto, ascolta, viaggia / fuori dagli schemi come l’aria»

    Spero di tornare a scrivere presto su di lui.
    Intanto vi segnalo la mia recensione a “Bestie e dintorni” (Lietocolle, 2004):

    >http://poetarumsilva.wordpress.com/2010/11/14/bestie-e-dintorni-mattio-amos/

    un abbraccio a tutti!

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