Biancamaria Frabotta, ad Andrea Zanzotto

Biancamaria Frabotta, ad Andrea Zanzotto

Alla fine del 1990 il Dipartimento Scuola Educazione mi chiese di dedicare un programma al Canzoniere di Petrarca. Pensai che i migliori lettori sarebbero  stati i poeti. Pregai Zanzotto di leggere la sestina 214 e lui accettò con un assenso sincero, appena un po’ ironico, e ne conservo ancora l’eco dentro di me di quella sua pronuncia dolce e strascicata che rendeva amichevole anche la più ardua sintassi poetica.La sua di moderno e in contrappunto quella dell’antico maestro. A ripensarci oggi arrossisco per l’ardire della mia richiesta, ma la condiscendenza dei poeti è grande, almeno quanto la fiducia che ci ispirano. Tutto passa a questo mondo, ma come vorrei stanotte ripescare quella lontana puntata sull'”ombroso bosco” e riudire, per accomiatarmi da lui, quel meraviglioso ibrido e lo struggimento della sua naturalezza. Ma almeno una terzina si ripresenti, per nostra compagnia, per gioia e per dolore, per consolazione e nostalgia. Una sola terzina colta da quel bosco. “Ma Tu, Signor, ch’hai di pietate il pregio,/ porgimi la man dextra in questo bosco:/ vinca l’ Tuo sol le mie tenebre nove”.

di Biancamaria Frabotta

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