Umberto Piersanti, il poeta della memoria

poesiafestival 13.Lezione magistrale Umberto Piersanti
photo © Serena Campanini-Elisabetta Baracchi

 

Intervista a Umberto Piersanti
di Luigia Sorrentino
Fabriano 2008

Parlare della poesia di Umberto Piersanti vuol dire, ad esempio,  ritrovare un bambino che viveva nella casa nel fosso sulla collina urbinate… parlare della sua poesia vuol dire ritrovare un mondo arcaico che non è più visibile…

“Oggi, se ci fai caso, non c‘è un solo fiordaliso nei campi di grano.
Ne ho trovati pochi sulle Cesane, in un campetto vicino a una casa e mi hanno dato il senso di un tempo antico…  Mi sono anche immaginato che la luce della stella che vediamo oggi in realtà ‘è partita’ qualche migliaio o milione di anni fa. Ecco, la luce di quella stella è come la luce dei miei bei campi, che fissa per sempre in cielo e tra gli alberi della terra, i protagonisti di questa mia antica vita.”

L’ispirazione poetica di Umberto Piersanti arriva dalla madre. E’ corretto?

Io sono un poeta ultra-tradizionale, e non mi vergogno di esserlo. Io ho solo vissuto in un mondo antico. In un mondo dove, per esempio, il mio bisnonno, mi faceva dei racconti di questo tipo: ‘Sai Umbertino cosa mi è successo oggi? Andavo giù per il fosso di Caspasso ho visto un cagnotto nero …. cin cin… mi ha fatto compassione e l’ho messo  dentro il bironcio. Santa Madonna non l’avessi mai fatto! Ogni passo diventava più nero e più grosso e dal pelo mandava illlusi lampi! Allora gli ho detto: – Ma tu sei il diavolo! – L’ho frustato, gli ho dato una frustata, allora lui ha messo le ali ed è volato dietro il monte della Conserva”.
Mi raccontava queste cose come per dire ‘Ho preso un caffè con un amico… sono andato a spasso…’.

Il mondo antico del quale lei parla viene trasformato nei versi dal ricordo…

Questa campagna dove io badavo alle pecore a otto-nove-dieci anni, con il bisnonno che morì a cent’anni, o poco gli mancava, un mese o forse più… Io vivo in questo mondo antico che il ricordo trasforma perché come dice un personaggio del mio romanzo ‘Una volta passati sogni e ricordi sono la stessa cosa’.

Piersanti qual è “L’albero delle nebbie” del quale ci parla in una delle sue opere di poesia  più riuscite? 

“L’albero delle nebbie è lo scotano un arbusto che viene dai Balcani e ha attecchito solamente nella provincia di Pesaro-Urbino.  Il suo colore rosso acceso è così forte che buca anche la nebbia. Metaforicamente anche la poesia che riesce a bucare le nebbie della vita.

Tutta la sua poesia è immersa in questo mondo antico…

Non sempre ho parlato di un mondo antico… Io sono noto come il poeta delle Cesane. Le Cesane sono un piccolo altopiano… allora uno dice: ‘E’ un poeta locale.’ L’importante è che un luogo diventi una patria poetica. ‘Locale’ – diceva Volponi – fa rima con ‘universale’. Si potrebbe avere Pascoli senza Romagna e Garfagnana? Carducci senza Maremma? D’Annunzio senza Abruzzo e Versilia? Saba senza Trieste? Montale senza la Liguria? Pavese senza le Langhe? C’è un pregiudizio antico nel nostro paese che è quello ‘del locale’… ‘localistico’ è una cosa… ma un poeta può fare di un luogo uno spazio poetico.

Questo mondo antico è la sua patria poetica?

Roberto Galaverni che ha scritto insieme a Massimo Raffaeli un libro conversazione con me: ‘Il canto magnanimo’, ha parlato delle Cesane proprio come di una patria poetica. Io racconto questo mondo antico, contadino, senza accenti neoralisti, senza una volontà di contrapposizione politica e sociale, ma nell’amore di un ricordo magico. Io non sono come Pasolini che contrappone l’antico mondo contadino alla contemporaneità. Lo ricordo perché è irrimediabilmente perso”.

Nota

L’intervista a Umberto Piersanti è stata realizzata il 23 maggio 2008 da Luigia Sorrentino a Fabriano, Prima Edizione di Poiesis,  il Festival di Poesia , Arte, Musica e Cinema, curato di Francesca Merloni.

 

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